«L’intelligenza artificiale può sostituire l’ottico optometrista? Si tratta di uno strumento, noi però “tocchiamo” le persone, per cui l’AI o altro non deve spaventarci: tant’è che all’Irsoo abbiamo finanziato un dottorato di ricerca sulla telerefertazione, presso l’Università di Firenze. Piuttosto dobbiamo amplificare le tre parole chiave che descrivono, anche dal punto di vista giuridico, la nostra attività, cioè arte ausiliaria di una professione sanitaria: l’essere artigiani che possono dare una mano alla gente in ambito sanitario, quindi non deviare verso un esercizio meramente commerciale, ma sempre più professionale», ha detto Laura Boccardo, direttrice dell’istituto di Vinci.
Anche secondo Luigi De Luca, docente presso il corso di laurea in Ottica e Optometria all’Università Federico II di Napoli, l’intelligenza artificiale ci aiuterà, «basta capire cosa vogliamo da essa e fare in modo di guidarla a nostro vantaggio, tanto che abbiamo realizzato un’aula accademica immersiva improntata all’AI», ha detto il professionista campano. Un ruolo chiave per gestire questo sviluppo tecnologico viene proprio dalla formazione, perché comunque l’essere umano rimane al centro di tutto e non può prescindere da un percorso formativo: ne è convinto Paco Manes, direttore dell’Istituto Keplero di Termoli. «Soprattutto l’ottico indipendente deve ripartire dall’artigianalità e dalla personalizzazione della montatura, ad esempio, sfruttando gli strumenti messi a disposizione dalle aziende di occhiali e da quelle oftalmiche», ha sottolineato Manes. «Alla Sioo abbiamo avuto per un periodo di tempo un dispositivo per la telerefertazione - ha affermato Fabio Casalboni, direttore della struttura formativa di Firenze - Si tratta di un’opportunità interessante, ma allo studente va spiegato come vi siamo arrivati e come siamo arrivati alla stessa intelligenza artificiale, cosa c’è dietro e che ora non è che tutto diventa facile perché esistono tali strumenti: questo è il compito delle scuole».
Alla tavola rotonda "Ottico, ottica, dove vai?" del Forum Presbiopia 2024, alla quale è intervenuto anche Maurizio Martino, coordinatore del corso di laurea in Ottica e Optometria all’Università del Salento, si è poi discusso su come viene percepita nell’immaginario collettivo la figura dell’ottico optometrista. «Questa è una bella professione, ma ancora poco conosciuta», ha sintetizzato Boccardo. E in certi casi persino vista male, «perché inserita negli istituti professionali», ha aggiunto De Luca: riflessione condivisa da Manes, secondo il quale c’è ancora una scarsa conoscenza di tale professione e di come ci si arriva. Il tutto nonostante le elevate possibilità di inserimento nel mondo del lavoro una volta terminati gli studi e la grande richiesta di personale qualificato da parte della filiera. «Hai mai pensato di fare l’ottico? Di fronte a questa domanda la maggior parte dei ragazzi delle superiori che incontriamo negli eventi di orientamento scolastico sgrana gli occhi: eppure l’ottico optometrista riveste un ruolo sociale importante, agendo sul senso primario tra i cinque dell’essere umano e potendo risolvere situazioni visive gravi come il cheratocono, l’ipovisione o certe problematiche post chirurgiche - ha sostenuto Casalboni - Deve esserci perciò uno sforzo comune per far uscire questa professione dalle nostre scuole e dalle nostre aziende». Come? «Innanzitutto l’industria dovrebbe coalizzarsi e proporre congiuntamente un progetto scuola», ha detto De Luca.
Dal Forum di Napoli è quindi emerso un sogno nel cassetto che di fatto accomuna tutti i protagonisti della tavola rotonda: la politica dovrebbe impegnarsi a chiarire meglio il ruolo dell’ottico optometrista, anche rispetto agli altri ruoli professionali dello stesso ambito. È altresì necessaria una pubblicità che coinvolga l’intera filiera per fare chiarezza sulle caratteristiche e sull’attività dell’ottico optometrista presso il grande pubblico (nella foto, da sinistra: Martino, Casalboni, Boccardo, Manes e De Luca con Nicola Di Lernia).
Angelo Magri