L’attore francese, leggenda del cinema, è morto il 6 settembre a Parigi. Aveva 88 anni
Non era certo un bello, soprattutto confrontato con modelli di perfezione come Alain Delon, con cui aveva lavorato e condivideva lo star system. Eppure Jean Paul Belmondo, definito “il brutto più affascinante del cinema francese”, piaceva moltissimo. Anche con quel suo naso storto e un po’ schiacciato da boxeur. Basta pensare alle relazioni con le donne più ammirate del momento, da Ursula Andress a Laura Antonelli, o al tutto esaurito, con un pubblico prevalentemente femminile, nei primi anni 90 al Teatro Lirico di Milano, dove si era esibito in uno straordinario Cyrano de Bergerac. Era di sicuro un grande attore, capace di padroneggiare la scena e interpretare i ruoli più disparati. Dal marinaio livornese in Mare matto di Renato Castellani al gangster di Borsalino, dal genere poliziesco alla commedia, al film d’impegno come Fino all’ultimo respiro di Jean Luc Godard (nella foto) o Una vita non basta di Claude Lelouch, per cui aveva ottenuto il premio César come migliore attore. Di lui colpiva quel particolare sorriso che non partiva solo dagli occhi, spesso coperti da occhiali. Sia nella parte di Michele, giovane antifascista intellettuale con montature da vista innamorato di Sophia Loren-Cesira in La ciociara, sia con gli occhiali da sole nei ruoli forse a lui più congeniali di duro. Nonostante i successi e la fama, una Palma d’oro alla carriera a Cannes nel 2011 e un Leone d’oro, sempre alla carriera, a Venezia nel 2016, aveva modi semplici, mai da divo. Capace di sorridere e applaudire per il tuffo, quasi perfetto, di una ragazzina ai bordi della piscina del mitico Eden Rock in Costa Azzurra.