Come sarà il consumatore “post traumatico”?

Così definisce Giuseppe Minoia, presidente onorario di GfK Italia, quello che emerge dalle ceneri delle prime settimane dell’ascesa dell’epidemia da coronavirus. Una situazione che ha già fornito indicatori rilevanti e su cui tutti si dovranno confrontare a breve, ottica inclusa

L’Italia tra le settimane 10 e 11 del 2020, quelle che andavano dal 2 al 15 marzo, dopo aver compreso il momento e il rischio che si stava attraversando nell’esplosione dell’epidemia ha cambiato camicia e camiciaio. E la prima cosa che si fa quando si percepisce il pericolo alle spalle è correre. Così si spiega l’accaparramento del cibo nella grande distribuzione. Atteggiamento che di lì a poco sarebbe mutato in una spesa più meditata, a carrello pieno e in giorni insoliti come il lunedì e il martedì, di certo non di sabato e domenica. Cosa hanno comprato di più i nostri consumatori traumatizzati sta nella logica dell’emergenza. Nell’high tech più pc portatili e stampanti all in one e meno smartphone, nel bianco più freezer e filtri per l’acqua oltre che purificatori. Per non parlare dei prodotti per l’igiene e la disinfezione che da scelte sporadiche sono passate ad acquisti quotidiani ed essenziali a discapito della cosmesi messa nell’angolo, per il momento. Un cambiamento radicale nei modi e nei consumi realizzato in pochi giorni ma con un grande desiderio di fare della casa il bene rifugio di sé stessi e della famiglia. Gli eroi del consumatore “post traumatico”, come lo ha definito Minoia in una web conference organizzata la settimana scorsa da GfK Italia, sono oggi i medici e gli infermieri, le forze dell’ordine e la protezione civile, i media che lo informano, gli specialisti che lo illuminano. Tutti attori che prima non erano certo nella hit parade del sentimento italiano. Perfino la farmacia ha recuperato il suo vecchio senso del posto dove trovare il farmaco giusto e non la crema anti age. In sostanza la scienza e le realtà operative hanno ripreso il loro ruolo di rispetto.

Cosa succederà dopo? Minoia dice esplicitamente di “navigare a vista”, ma azzarda un paio di posizioni di buon senso che condivido. Ci troveremo di fronte a due attitudini: quella del consumatore cauto, che inizierà a spendere in parte con le precedenti modalità, e quella del consumatore preoccupato, che probabilmente muterà in maniera sostanziale il proprio approccio allo shopping. Considerate, ad esempio, la persona impaurita che in questi giorni ha provato per la prima volta lo shopping online, magari per il cibo, e si è trovata bene. Il digitale oggi è neutro, non infettato e potrebbe acquisire definitivamente clienti inaspettati che si abitueranno a fare acquisti a distanza. Il consumatore cauto, invece, sarà quello che non dimenticherà chi gli è stato più vicino in questi momenti, cercherà luoghi prima di tutto sicuri dove acquistare prodotti anche costosi ma più essenziali rispetto al passato.

Entrambi i consumatori saranno comunque “sospettosi” che qualcuno possa tentare di avvantaggiarsi a loro discapito e non perdoneranno come in passato. Di certo l’ottica, che ha sempre vissuto l’ambiguità dell’asse professione-commercio, potrebbe trovarsi spaesata di fronte a future richieste di chiarezza sul suo ruolo nel post coronavirus. Se fortunatamente l’occhiale da vista non è ancora nel paniere dell’e-commerce, soddisfare il cliente cauto e quello impaurito sarà la grande sfida dei prossimi 12 mesi. Qualcuno non salirà neppure sul ring, altri lanceranno la spugna dopo pochi round, quelli che arriveranno fino in fondo avranno l’onore di essersela giocata con la certezza che non sarà per loro l’ultimo combattimento della carriera.

Nicola Di Lernia

Professione