Oliviero Toscani: senza filtri, anche negli occhiali

Provocatorio, anticonvenzionale: il noto fotografo, nato a Milano nel 1942, è morto a Cecina, in provincia di Livorno, lunedì 13 gennaio dopo una lunga malattia. La sua firma era inconfondibile, così come il suo sguardo sempre incorniciato da una montatura: nel 2004 aveva lanciato una linea eyewear in collaborazione con un centro ottico meneghino

Era malato da tempo, una morte annunciata che lui stesso in un’intervista al Corriere della Sera aveva detto di non temere, perché aveva vissuto molto bene. Eppure è difficile pensare che Oliviero Toscani (nella foto) non ci sia più. Indipendentemente dalle straordinarie doti di fotografo, era un uomo dalla vitalità incredibile. Per molti aspetti sopra le righe, quasi invadente. Non si poneva limiti, era capace di dire tutto quello che pensava nel bene e nel male. Anche al prezzo di rendersi antipatico. Ma era proprio questa sua incapacità di fermare o modificare i pensieri e i giudizi che l’hanno reso un fotografo geniale. Lavorare con lui significava essere pronti a tutto, ai cambiamenti improvvisi, alle idee strabilianti che rivoluzionavano in pochi minuti un servizio fotografico. Nei grandi studi, come un tempo esistevano solo a Parigi o a New York, riusciva a seguire contemporaneamente tre servizi e per ognuno avere l’idea per renderlo speciale, di grande effetto, inimitabile. Imprevedibile, poteva disinteressarsi del soggetto che fotografava trattandolo come un oggetto, oppure stabilire un rapporto privilegiato. O prendersi a cuore una causa, com’è stato per le campagne realizzate per Benetton, che affrontavano importanti tematiche sociali. Ma anche per fotografare una cucina, avere l’idea di farci starnazzare sopra una decina di galline. O rischiare l’accusa di blasfemia per la pubblicità di un jeans.

Toscani portava sempre un paio di occhiali: una montatura pantos dai colori decisi. Circa vent’anni fa aveva lanciato una propria linea, in collaborazione con lo storico centro ottico milanese Aspesi 1910, in via Festa del Perdono, di fronte all’Università Statale, che recentemente ha chiuso l'attività.

Luisa Espanet

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