La nascita di un ministero del Made in Italy è davvero un’opportunità importante o si tratta di una speranza destinata a rimanere tale? Se il governo e il suo ministro Adolfo Urso non troveranno il modo di passare dalle parole ai fatti in tempi rapidi, le cose potrebbero complicarsi e il rapporto fra imprenditori italiani del mondo delle montature e classe politica potrebbe vedere un ulteriore freno al dialogo: lo ha evidenziato la prima delle quattro tavole rotonde che hanno caratterizzato l’evento organizzato da Eidos Communication e Cegeka, in collaborazione con Mido. «Per ora, infatti, di concreto non si è potuto vedere molto: sette mesi di governo non sono sufficienti per realizzare un’idea ma neppure pochi per iniziare a mostrarne le linee guida - spiegano a b2eyes TODAY gli organizzatori del convegno - Così da una parte ci sono imprese che hanno fatto della qualità, del made in Italy e della certificazione di ogni passaggio produttivo un vero e proprio status, mentre ancora è troppo elevata la quantità di articoli che vengono venduti come "prodotti in Italia", ma che in effetti di italiano hanno davvero poco o nulla: l'argomento è molto sentito dagli imprenditori del settore che subiscono la concorrenza non proprio leale di chi, sfruttando le leggi e le normative europee, riesce a proporre per tale ciò che non lo è».
Il dibattito si è incentrato soprattutto sulla necessità di individuare una serie di comportamenti e regole nuove che permettano di rendere davvero sicuro il concetto di made in Italy quando questo è indicato su un prodotto. «Esiste anche, ed è emerso durante il dibattito, una legge che dovrebbe tutelare il 100% made in Italy, ma non ne sono mai stati introdotti i decreti attuativi, ovvero le norme che regolano le linee guida della legge stessa - proseguono i promotori dell’evento - Di conseguenza, ciascuno può fare ciò che vuole, ma ognuno può allo stesso tempo impugnare una dichiarazione di “100% made in Italy”».
L’argomento ha visto un dialogo serrato fra Tommaso Razzolini, consigliere regionale del Veneto, che proviene proprio da una famiglia di produttori di occhiali, il designer Bruno Palmegiani, gli ottici Carlo Xausa e Domenico Concato, quest’ultimo anche titolare di marchi di eyewear, e Glenda Menia Cadore, Romano Vedova e Doriano Mattellone, «tre produttori che, pur provenendo da aree geograficamente differenti, rappresentano in modo eccellente il concetto di made in Italy e di mantenimento della produzione in Italia - concludono gli organizzatori - Si riuscirà a fare passi in avanti in questa direzione? Il desiderio di discuterne e cercare insieme proposte da portare a livello ministeriale pare esserci: molto dipenderà da come industria e politica riusciranno a dialogare. Un’ipotesi di lavoro per individuare delle tematiche su cui confrontarsi nello specifico è stata raggiunta: ora sta alle parti renderla realtà» (nella foto, la tavola rotonda sul made in Italy, moderata dal giornalista Paolo Beducci).
(red.)