Giannini addio: con l’autodichiarazione non si può più diventare ottici

L’ordinanza 248 del 6 agosto scorso firmata dall’attuale ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 16 novembre, stabilisce che, a partire dall'anno scolastico in corso, per accedere all’esame di abilitazione professionale occorre avere almeno il relativo diploma di istruzione secondaria di secondo grado. E impone anche personale tecnico pratico nelle commissioni esaminatrici

Si tratta delle due principali novità introdotte dal nuovo dispositivo, che riguarda lo svolgimento dell’esame di abilitazione all’esercizio delle arti ausiliarie delle professioni sanitarie di ottico e odontotecnico e va a sostituire l’ordinanza del giugno 2016, a firma dell’allora ministra Stefania Giannini. In particolare sono gli articoli 2, 4 e 8 del nuovo testo che cambiano le regole del gioco: in precedenza, chi già lavorava in un centro ottico, presentando una documentazione in grado di dimostrare che la propria attività professionale aveva gli stessi contenuti di un tradizionale percorso scolastico, poteva accedere direttamente all’esame di abilitazione. Aspetto criticato da più parti per la sua contraddizione intrinseca: se uno svolge l’attività di ottico senza esserlo, compie di fatto abuso professionale. Ora invece, come recita l’ordinanza Bianchi, “al fine dell'ammissione all'esame di abilitazione, i candidati devono sostenere prove di accesso mirate all'accertamento delle competenze in uscita dai relativi percorsi”.

Inoltre la precedente ordinanza non prevedeva insegnanti tecnico pratici all’interno della commissione per l’esame di abilitazione, dove perciò erano presenti soltanto docenti di materie generiche: adesso invece è previsto “un insegnante tecnico pratico titolare in uno dei laboratori caratterizzanti l’indirizzo di studi”. Un altro punto qualificante è relativo ai laureati L-30, categoria in cui rientrano quelli in Ottica e Optometria: vengono precisati meglio gli ambiti all’interno dei quali vanno conseguiti i 30 CFU, cioè i crediti formativi, necessari per accedere all’esame di Stato.

Nel dicembre 2017 le maggiori rappresentanze italiane dell’associazionismo e della formazione del settore si ritrovarono presso la sede della Confcommercio di Bologna per mettere a punto un documento e una strategia comuni finalizzate ad affrontare la questione. «La nuova ordinanza ripristina il principio che per l’esercizio di una professione, come quella dell’ottico, è indispensabile la frequenza con esito positivo di un percorso scolastico obbligatorio. E riconosce unicamente chi segue tali iter formativi», commenta a b2eyes TODAY Giorgio Righetti, direttore dell’Istituto Zaccagnini, che negli ultimi quattro anni si è particolarmente prodigato, insieme a Federottica e alla Rete delle scuole pubbliche, perché la politica trovasse una soluzione alla questione. Per Andrea Afragoli il testo prodotto dal Miur rappresenta «il coronamento di un lavoro comune iniziato esattamente quattro anni fa, che ha visto la collaborazione di vari soggetti della filiera - dichiara al nostro quotidiano il presidente di Federottica - Si ribadisce il concetto che per svolgere un’attività complessa come quella dell’ottico occorre un percorso ben strutturato e non ci si può improvvisare basandosi soltanto su un percorso lavorativo ipotetico e frutto di autodichiarazione». La medesima soddisfazione viene espressa dalle Scuole di ottica in Rete. «Il contenuto di questa ordinanza ci sembra perfetto - commenta a b2eyes TODAY Rodolfo Baiocchi, portavoce dell’organizzazione che raccoglie oltre quaranta istituti statali professionali - Elimina, infatti, gli aspetti peggiori del testo precedente, come l’autodichiarazione per accedere all’esame e la mancanza di insegnanti tecnico pratici nella commissione, raccogliendo così alcune delle richieste che avevamo avanzato» (immagine tratta da Freepik).

A.M.

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