Montalcini: più che un film, un manifesto della ricerca

Andato in onda giovedì scorso, parte da un episodio della vita della grande scienziata, con al centro una grave problematica oftalmologica

“Nella vigilia del Natale 1986, l’NGF (Nerve Growth Factor, la molecola da lei scoperta negli anni 50, ndr) apparve di nuovo in pubblico sotto la luce dei riflettori, nel fulgore di un salone addobbato a festa alla presenza dei reali di Svezia, dei principi, di dame in fastosi abiti di gala e gentiluomini in tuxedo. Avvolto in un mantello nero, l’NGF s'inchinò al re e per un attimo abbassò la visiera che gli copriva il viso. Ci riconoscemmo nella frazione di pochi secondi, quando vidi che mi cercava tra la folla che lo applaudiva. Rialzò la visiera, e scomparve così come era apparso”.

Così ricorda Rita Levi Montalcini l’emozione alla consegna del Premio Nobel per la medicina nel 1986 nella sua autobiografia, uscita l’anno successivo, con il titolo Elogio dell’imperfezione.

Il corposo libro racconta di una delle più importanti e preziose personalità scientifiche dello scorso secolo: la ricognizione autobiografica ruota attorno all'imperfezione come virtù che “ha da sempre consentito continue mutazioni di quel meraviglioso quanto mai imperfetto meccanismo che è il cervello dell'uomo”.

Rita Levi Montalcini, deceduta a Roma nel 2012 a 103 anni, è stata l’unica donna italiana ad aver vinto un Premio Nobel scientifico, dopo una vita spesa e guidata dall’esortazione latina, resa celebre da Immanuel Kant, Sàpere Aude (Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza), e che lei conservava, scritta a mano, incollata sopra la scrivania della casa dove è stata girata la fiction sulla sua vita andata in onda su Rai 1, il 26 novembre (nella foto, tratta da raiplay, Elena Sofia Ricci, che interpreta la scienziata).

Il film ruota attorno a un singolo episodio occorsole a Torino durante un concerto in suo onore: una giovane violinista cade svenuta e si accerta poi la presenza di “una patologia corneale per la quale potrebbe anche perdere i bulbi oculari”, afferma l’oftalmologo che l’ha in cura. Uno splendido affresco a sostegno della ricerca scientifica, in questo periodo particolarmente, che esalta l’onestà morale e il rigore intellettuale di molti che, spesso nella cornice di defilati laboratori, si spendono per il rispetto e la cura della comunità. Certo appaiono anche alcune imperfezioni di merito e di metodo, ma noi preferiamo giustificarle con le necessità televisive.

Sergio Cappa

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