Mai dichiarare l’età di una bella donna

Nel nostro caso è una città, Venezia. Nelle scorse settimane era uscita una notizia potenzialmente attendibile, documentata da studiosi irreprensibili, che la sua fondazione fosse datata 25 marzo 421 e che quindi avremmo festeggiato i 1600 anni di questa avvenente “cortigiana”

La news ha fatto il giro del mondo grazie alle testimonianze di alcuni studiosi burloni mentre sui social la gente postava auguri. In prima battuta sono caduto dalle nuvole. Laureato a Venezia in Storia economica, ho letto di questa scoperta con la cautela di chi qualcosa sa. Ero però altrettanto stupito del rimbalzo mediatico della stessa. Un articolo di Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera del 2 aprile, che riprende la dichiarazione degli studiosi locali coinvolti, mi ha ridato pace. «Abbiamo scherzato: era un pesce d’aprile. Non per burla, ma per un’etica della ricerca storica - hanno affermato - La fondazione di Venezia datata al 25 marzo 421 è storicamente una bufala, anzi una fake news. Per chi è chiamato a custodire, tutelare e valorizzare questo passato l’obiettivo più importante, al di là di miti, di leggende e di eroi, è un faro da seguire sempre: si chiama “Etica della ricerca”». Stando così alla larga da una storia costruita sui miti, sottolinea Stella nel suo pezzo.

Ho sorriso ma ho anche sbuffato: in periodo di Covid questi studiosi hanno trovato il tempo di organizzare una beffa, per farci comprendere la differenza tra mito e storia? Vado a consultare l’etimologia della parola mito. È greca, naturalmente, e indica una favola, la narrazione tratta da un tempo antico, oscuro, idealizzato: il mito è la parte inventata attraverso la quale rileggiamo la storia vera per renderla magica, quasi sacra, e per dare risposta a molti interrogativi umani. Gli studiosi ovviamente aborrono il mito perché non ha fondamenti, è privo di documentazione e vive di racconto orale, trasmesso da persona a persona. Parimenti noi viviamo tutti i giorni di miti, che si sviluppano intorno ai fatti veri. Lo sono ad esempio gli occhiali, che hanno una storia reale legata alla loro produzione ma che hanno bisogno del mito per farla atterrare nei cuori della gente. Ricordo di aver incontrato in una fiera un grande designer di occhiali giapponese, conosciuto per la sua riservatezza e la scarsa loquacità. Ero colpito dalla sua apparente o totale indifferenza alle cose che gli giravano intorno e quando qualcuno mi disse che abitava in una casa su un albero ci credetti e ci credo ancora. Il mito non era rappresentato dalle sue fantastiche montature, bensì dalla sua distanza dal mondo nutrita dall’ipotesi che vivesse su un albero.

Gli studiosi veneziani hanno voluto darci una lezione di vita: la storia è più importante del mito. Noi esseri umani siamo fatti di acqua per il 60%, ma nessuno ha mai misurato la quantità di aria che possediamo e che a volte ci permette di sognare e inseguire ciò che non sarà. Evviva San Marco, evviva la storia, ma lasciatemi stare i miti.

Nicola Di Lernia

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