L’ottica e le contaminazioni

Quali accetterà il nostro settore per poter tornare di nuovo a crescere veramente?

Si è discusso moltissimo di resilienza in questi mesi. Il programma del Governo vi ha aggiunto la ripresa. Pochi o nessuno hanno parlato invece di contaminazioni. Non certamente quelle sanitarie, piuttosto quelle dell’economia, ovvero la possibilità di “pescare” da un altro comparto nuove opportunità di crescita.

L’ottica è fondamentalmente allergica alle contaminazioni. Preferisce farsi strappare qualcosa anziché andare a prenderlo altrove. Vogliamo fare riferimento ai prodotti da banco e in particolare alla contattologia? Se si preferisce delegare la vendita di colliri e integratori per gli occhi alle erboristerie e di alcuni tipi di lac alle farmacie, insieme al premontato, è la Waterloo del nostro settore: il risultato, nella maggior parte dei casi, è creare somministratori di scatolette, con zero servizio e ingegno, al punto da essere sostituiti per almeno un terzo dall’e-commerce. Vogliamo parlare del sole e dell’occhiale sportivo? Se l’ottica fosse una chiesa su un promontorio sul mare, si potrebbe parlare del fenomeno di bradisismo. Un poco alla volta, ma inesorabilmente, il gioco di lasciare agli altri il possesso di palla è risultato nefasto. L’unico baluardo è la lente oftalmica insieme alla professionalità dell’ottico optometrista. Eppure, se si volessero cambiare gioco e mentalità, come ha fatto l’Italia di Mancini agli ultimi Europei, ci si potrebbe togliere qualche soddisfazione: farsi contaminare dagli altri - molti giocatori italiani come Verratti o Jorginho giocano all’estero - è stato il principio di partenza.

Nel 2022 e per i successivi cinque anni nell’ottica occorrerà farsi contaminare. Contaminare da un rapporto più stretto con la classe medica grazie alle nuove soluzioni per la progressione miopica. Contaminare da una identità digitale che vale tanto quanto quella fisica e da una relazione strategica con il cliente finale sostenuta dalla tecnologia. Contaminare da una selezione di prodotti che servano non solo a correggere, ma soprattutto a prevenire i disagi visivi di oggi. Eccellere in qualcosa di importante professionalmente e lavorare duro sulle soft skill che contano sempre di più. Scendere dal soppalco, uscire sulla strada, guardare le proprie vetrine come se le vedeste per la prima volta e andare in centro a osservare quelle delle griffe. In poche parole, accettare la sfida del cambiamento. Accettare la diversità rispetto alla tradizione che a volte ci soffoca. Un tempo si diceva che l’Italia fosse il paese più bello del mondo grazie alle differenze che custodisce nella propria penisola. E voi, nel vostro centro ottico, su quante diversità e contaminazioni potete contare?

Nicola Di Lernia

Professione