Di professionalità si può anche morire?

Nella vetrina della spa di un hotel trovo degli oggetti artigianali ma certamente inusuali e di design. Su un foglietto (nella foto) viene precisato che il prezzo è la somma delle ore di lavoro e del costo del materiale. La creatività, quello che ci ha messo l’artista di proprio, è gratis. L’affermazione è elegante ma lacera il quadro di chi oggi non è in grado di “vendere” il proprio ingegno, se non attraverso il peso della propria attività a cottimo e di ciò che utilizza. Sarebbe interessante riportare questo esempio anche all’ottica

Se facessimo la conta in Italia dei professionisti del nostro settore, ottici, optometristi o laureati, che fanno pagare la propria prestazione, ovvero l’ingegno della professione, saremmo sconfortati del fatto che non arriveremmo neppure al 10% del totale. Conosco alcuni optometristi, professionisti di fama e di passione, che chiedono onorari corretti ma ancora inadeguati per il tempo, i costi della loro formazione e gli ammortamenti delle loro macchine di precisione. Se guardiamo invece al 90%, quelli che non chiedono nulla in cambio della “vendita” del bene, è utile porsi una domanda. Lo fanno come quell’artista che alla fine del suo conto scrive “professionalità gratis”? Oppure lo fanno così velocemente, supportati da una tecnologia apparentemente a prova di errore, che chiedere un chip non avrebbe senso per chi paga?
Auspicando che il pubblico sappia già riconoscere un’ottica slow da una fast, trovo che la professionalità tra noi è una parola importante dai significati troppo divergenti. Da quello di chi fa anche prevenzione oltre che optometria, senza guadagnarci nulla dalla prima ma rischiando molto. A quello del professionista che per il controllo visivo accurato o la prima applicazione di lac, che dura certamente più di 30 minuti, è pagato come un idraulico per la chiamata d’urgenza. A quello di chi ha un camice e un titolo e si prodiga per dare al cliente una risposta tecnica e un occhiale nuovo e migliore. A quello, infine, di chi ha i minuti contati, per propria apatia o per regole interne al negozio, e si affida alle macchine per fornire risposte più o meno corrette.
Tifo per l’ottica slow. Non è detto che sia la migliore ma è certo la più coerente con il compito che deve svolgere. Eppure sento che questo mercato di professionalità potrebbe anche morire. Come quell’ubriaco che cercava le chiavi dell’auto sulla fetta di marciapiede illuminata da un lampione, non trovandole, semplicemente perché nella parte meno illuminata era più faticoso cercarle.
Nicola Di Lernia

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