Confindustria Moda: enormi vantaggi da un investimento di 6 miliardi in 3 anni

È emerso da uno studio presentato dalla federazione, la quale riunisce sette associazioni e di cui fa parte anche Anfao, e da Censis: mette in luce il valore strategico di tessile, moda e accessorio per tutto il paese, anche da un punto di vista economico, sociale e culturale, e individua le aree di intervento specifiche

L’indagine è stata illustrata giovedì 17 novembre a Roma in occasione della conferenza stampa sullo studio “Il valore del settore Moda nell’Economia e nella Cultura”, presentato da Confindustria Moda e Censis, durante un evento che ha visto il contributo della senatrice Lucia Borgonzoni, sottosegretario al ministero della Cultura.

Il comparto tessile, moda e accessorio ha evidenziato nel 2021 un fatturato complessivo prossimo ai 93 miliardi di euro, con oltre 60 mila imprese e circa 550 mila addetti. Il valore dell’export è di quasi 68 miliardi di euro, di cui 40 miliardi per esportazioni extra Unione Europea. «Lo studio del Censis mette in luce che, se nel prossimo triennio si ritagliasse un pacchetto di investimenti per il settore di 6 miliardi di euro, il ritorno in termini di crescita sarebbe enorme: la produzione industriale crescerebbe di oltre 11 miliardi di euro e il fatturato di quasi 20 - si legge in una nota congiunta - Ma le performance del settore non si risolvono solo nei suoi pur importanti dati economici, perché richiamano la materialità della relazione tra le attività produttive delle imprese e le comunità in cui operano, su cui hanno impatti rilevanti per occupazione, redditi, qualità della vita e, in certi casi, anche sulla stessa possibilità di buon vivere in una determinata area geografica».

La ricerca evidenzia, infatti, il ruolo della moda nel favorire il benessere e la crescita sociale, a più livelli. «In primo luogo emerge che il 48,1% dei cittadini è convinto che il settore promuova il rispetto del lavoro e dei lavoratori in ogni ambito di sua competenza», precisa il comunicato.

Inoltre, i nuovi modelli e le culture sociali che incarna pongono il fashion in prima linea nel favorire un’azione sociale a vasto raggio antidiscriminatoria, contro il body shaming o le forme di omofobia. «Non è quindi la generica voglia di apparire la spinta all’acquisto di prodotti moda, piuttosto quella di essere sé stessi con gli altri, nel modo in cui il proprio codice soggettivo ritiene migliore - aggiunge la nota - Si tratta di una voglia, forte nel post pandemia, di rivivere insieme, che si traduce nell’affermazione del 38,4% degli italiani che si dice pronto a rifarsi il guardaroba, acquistando abiti, scarpe e altri accessori».

Infine, lo studio ha analizzato la questione culturale: il 68,8% dei nostri concittadini «ritiene che il settore della moda, attraverso i suoi prodotti, abiti e accessori, produca cultura come l’arte, la danza, la musica o la letteratura - sottolinea ancora il comunicato - Non solo, il 61% reputa che, attraverso il vestire bene, promuova nella società il gusto estetico e il senso del bello». Tra le dimensioni valoriali che più suscitano attenzione negli italiani, ha un posto di primo piano la sostenibilità, come rapporto dei processi produttivi, di distribuzione e vendita con la tutela ecologica e la lotta al riscaldamento globale.

Preso atto che un investimento pubblico di 6 miliardi di euro in tre anni dedicato alla filiera del tessile, moda e accessorio porterebbe enormi vantaggi economici, culturali e sociali, lo studio di Confindustria Moda e Censis non si limita a chiedere investimenti a pioggia, che non porterebbero i risultati auspicati, ma individua aree di intervento specifiche ad alto impatto strategico: sostegno fiscale, con un piano di contributi e incentivi mirati al supporto delle produzioni, alla partecipazione alle fiere internazionali delle imprese del settore, a favorire processi di reshoring ed evitare fughe all’estero in futuro, alla transizione al digitale; investimenti green, anche con la promozione di principi di circolarità, ad esempio tramite la creazione di reti di riciclo, l’installazione di macchinari che favoriscano il recupero dei prodotti e abbattano le emissioni; formazione e qualificazione professionale, decisive quanto la capacità di mixare conoscenze e abilità più tradizionali con le nuove competenze tecnologiche e digitali; tutela dell’eccellenza con un sistema di controlli e vigilanza sul settore, a protezione delle produzioni industriali e dal rischio di contraffazione; infine supporto alla crescita, che favorisca l’incremento strutturale delle imprese anche attraverso meccanismi aggregativi (nella foto, da sinistra, Massimiliano Valerii, direttore generale di Censis, il sottosegretario Lucia Borgonzoni, Paolo Volterra, director media affairs di Cattaneo Zanetto & Co., ed Ercole Botto Poala, presidente di Confindustria Moda).

(red.)

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