«Nel comunicato stampa Soi in merito alla vicenda giudiziaria di Frosinone vengono veicolate informazioni che a nostro avviso creano grave nocumento e gettano discredito alla categoria da me qui rappresentata, dando al grande pubblico una visione distorta e lesiva della stessa», afferma in una nota di Federottica il suo presidente nazionale, Andrea Afragoli (nella foto)
«Asserire che “ottici e optometristi non sono legalmente riconosciuti”, non solo non risponde al vero, ma è lesivo all’immagine della categoria - prosegue Afragoli - Relativamente agli ottici rammento che già un regio decreto risalente al 1928 (R.D. 31 maggio 1928, n.1334), precisamente all’art.12, recita: “Gli ottici possono: confezionare, apprestare e vendere direttamente al pubblico occhiali e lenti soltanto su prescrizione del medico, a meno che si tratti di occhiali protettivi o correttivi dei difetti semplici di miopia e presbiopia, esclusa l’ipermetropia, l’astigmatismo e l’afachia”. Relativamente agli optometristi poi, negarne l’esistenza equivale: a negare l’esistenza e la presenza di ben otto corsi di laurea di primo livello in Ottica e Optometria, nelle facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali e con la collaborazione della facoltà di Medicina, rispettivamente nelle Università statali di Milano Bicocca, Padova, del Salento, Napoli Federico II, Firenze, Torino, Roma Tre e Palermo. Inoltre equivale a negare il ruolo svolto e l’importanza di uno dei tre pilastri su cui si basa lo Stato (il potere giudiziario): la giurisprudenza infatti in diverse occasioni si è occupata dell’ottico optometrista e dell’attività optometrica, dimostrando di ben saper cogliere gli stimoli della società civile e di saper assumere, con proprietà di qualificazione giuridica, un vero e proprio ruolo creativo. Giudici di merito e di legittimità, nel corso degli anni, hanno asserito, senza paura di smentita, la liceità dell’optometria, ponendo come unico limite, con conseguente violazione della norma penale dell’art. 348 c.p., il divieto per l’ottico optometrista di compiere valutazioni di carattere diagnostico, svolgere attività di carattere curativo, intervenire in caso di patologie oculari».
«Asserire, in modo assiomatico, che la presenza di certa strumentazione equivale a un indizio di reato, non è esatto: raccogliere un dato tecnico, attraverso l’uso di un tonometro a soffio e porgere il dato a un medico oculista, affinché faccia le proprie valutazioni, refertando, non ha nulla a che vedere con una diagnosi o una terapia, tutte attività di esclusiva competenza medica, di cui nessuno discute la veridicità - aggiunge il numero uno di Federottica - Per aversi esercizio abusivo della professione medica deve risultare il compimento in concreto di atti medici, attraverso una indagine, non a prescindere».
«Infine, ma non per importanza, volevo porre l’attenzione su una recente iniziativa intrapresa da Federottica e consistente in un cartello, stampato su sfondo rosso e con il logo Federottica per gli associati e bianco con logo Ottica Italiana per i non associati, inviato tramite la nostra rivista ai centri ottici in modo che potessero adottarlo, del seguente tenore: “L’analisi visiva da noi effettuata non permette di individuare la presenza di eventuali malattie dell’occhio quali, ad esempio glaucoma, cataratta o patologie della retina. Per questo motivo raccomandiamo di effettuare con regolarità una visita medico-oculistica” - conclude Afragoli - Tutto ciò e al fine di indicare il luogo di confine della nostra attività professionale. Niente male per una associazione di ottici e optometristi non legalmente riconosciuti…».
(red.)