È tempo di alzare l'asticella dell’ottica

“Se non riesci a raggiungere un obiettivo, fissa un obiettivo più sfidante”, Eli Goldratt, padre della Theory of Constraints. Questa frase appare paradossale ma è l'incipit di una sfida con noi stessi. Un obiettivo così implica la ricerca di nuove vie, l'uscita dalla propria comfort zone, l'abbandono di vecchi concetti che ci hanno portato fin qui ma ora sono inadeguati a ciò che che dobbiamo affrontare

L'oggi è arrivato. Il coronavirus ci pone di fronte a un passaggio generazionale che non siamo in grado di intraprendere con vecchie filosofie, preconcetti sbiaditi e una instancabile indolenza. Probabilmente temi che fino a poco tempo fa ci sembravano meritevoli di riflessione, come la “Dynasty” tra medico oculista e optometrista, a breve scenderanno come latte alle ginocchia. Siamo di fronte alla più grande sfida che il nostro piccolo mondo antico potesse aspettarsi dal futuro incerto del terzo millennio. È fondamentale esserne coscienti, pena la dismissione del nostro incarico nella vita contemporanea di tutti i giorni.

Saprà il mondo dell’ottica reagire a questa grande emergenza? Saprà trovare nuove regole da applicare al fine di superarla? Saprà riconoscere quali di quelle straordinarie oggi applicate possano essere utili anche nella nuova normalità? In sintesi, saprà velocemente mettersi in discussione per trovare una nuova traiettoria e giovarsi della dura lezione del Covid-19? Questa domanda vale tanto per il piccolo negozio di ottica di un paesino di tremila abitanti quanto per la multinazionale dell’occhiale che viaggia per il mondo. Nessuno escluso quindi. Le prime risposte le troviamo negli angoli della nostra società in quarantena. Le barriere alle lezioni online nelle scuole e nelle università sono cadute più velocemente del Muro di Berlino. Gli smart worker sono quasi due milioni. Le piccole imprese di vicinanza hanno istituzionalizzato la consegna a domicilio dei beni di stretta necessità. Tutte cose che si potevano fare anche prima dell’epidemia? Vero, ma prima nessuno le faceva sebbene potessero tornare utili a ridurre l’affollamento delle aule o del traffico oppure a migliorare la vita della popolazione anziana.

L’emergenza ci impone le scelte migliori che abbiamo lasciato in un angolo della nostra vita perché troppo faticose da intraprendere, benché potessero già darci soddisfazioni enormi. Grazie allo studio e al lavoro online, ad esempio, possiamo assistere all’incremento di vendite in controtendenza di notebook, stampanti all in one e tablet, ma anche di inaspettate ceste quotidiane di frutta e verdura consegnate a casa dal negozio di prossimità. Avevamo bisogno di una scossa così forte per reagire con queste modalità? Evidentemente sì, anche nell’ottica. Abbiamo parlato talmente tanto di professione che siamo stati i primi a metterla in disparte rispetto all’esposizione e alla vendita dell’occhiale. Ci siamo sfidati allo stremo con la classe medica perdendo le tracce del dna dell’ottica. Abbiamo inondato i nostri centri di messaggi pubblicitari e di moda e dedichiamo così poco spazio al settore che tiene in piedi il business model odierno, l’oftalmica. Abbiamo innalzato il grattacielo dell’industria dell’occhiale senza accorgerci che, salva la testa, nasceva un gigante dai piedi d’argilla. Perché? Se cercate una risposta, se ne può trovare una per tutte: l’inerzia. Ma non ce la possiamo più permettere.

Nicola Di Lernia

Professione