«Ricordiamo che la marcatura CE, in vigore dal 1993, indica la conformità a tutti gli obblighi che incombono sui fabbricanti in merito ai loro prodotti (o a quelli immessi sul mercato sotto la propria responsabilità) in virtù delle Direttive Comunitarie, consentendone al tempo stesso la libera commercializzazione dei prodotti marcati entro il mercato europeo – spiega ancora Galimberti - Apponendo il marchio CE su un prodotto, il produttore dichiara di rispettare tutti i requisiti previsti per ottenere il marchio stesso. Per i prodotti dell’occhialeria i requisiti sono stabiliti dalle direttive DM 93/42/CEE e DPI 89/686/CEE. La conformità del prodotto occhiale e, quindi, la sicurezza dello stesso per il consumatore è garantita dal rispetto di tali direttive».
Secondo il direttore generale di Anfao, tuttavia, non possono in via teorica escludersi «casi di errata apposizione del marchio, quando, a titolo esemplificativo, le aste degli occhiali abbiano una misura inferiore rispetto ai 5 mm imposti come dimensione verticale minima (cui si può derogare per dispositivi molto piccoli) del simbolo CE. Ciò può determinare difficoltà nella stampa. In questo caso però la conformità del prodotto potrebbe non essere messa minimamente in discussione». E ricorda alla redazione della trasmissione di Antonio Ricci che le aziende che producono e commercializzano occhiali da sole e montature da vista sono tenute a redigere un fascicolo tecnico che rappresenta la carta d’identità del prodotto ottico, contiene tutti i dati necessari per identificarlo e ne dimostra la conformità ai requisiti essenziali delle Direttive di riferimento. «Il fascicolo tecnico - si legge nella stessa missiva - è composto da una serie di documenti: la descrizione generale del prodotto, corredata di uno o più disegni tecnici; un elenco esaustivo delle caratteristiche dei vari componenti del dispositivo, che comprenda le indicazioni sui materiali, sulle caratteristiche tecniche, livelli di protezione e ogni informazione utile; un elenco delle norme applicate completamente o in parte e la descrizione delle soluzioni adottate per soddisfare i requisiti essenziali qualora non siano state applicate le norme armonizzate; i controlli svolti sui prototipi al fine di dimostrare la conformità ai requisiti essenziali delle Direttive di riferimento; le informazioni ed etichettature (es. nota informativa del fabbricante) che devono accompagnare sempre i prodotti; la dichiarazione di conformità. In aggiunta, anche se non espressamente richiesto, suggeriamo sempre ai nostri associati di inserire anche la descrizione dei mezzi di controllo e di prova applicati nello stabilimento del fabbricante e le procedure necessarie alla sorveglianza del mercato (gestione dei resi e dei reclami e rintracciabilità). Questo proprio perché redigere una documentazione tecnica completa e aggiornata e svolgere un monitoraggio costante della propria produzione significa operare in un regime di legalità che permette di garantire ai consumatori un prodotto di qualità».
Secondo Galimberti il servizio dello scorso 7 marzo, «senza un adeguato approccio di approfondimenti e/o replica di chiarimenti, rischia di generare nel consumatore un allarme infondato e di far passare il concetto che l’ottico venda abitualmente occhiali di scarsa qualità o, peggio, contraffatti. L’ottico è in realtà il canale autorizzato e specializzato cui raccomandiamo di rivolgersi proprio per evitare di incorrere in prodotti di scarsa qualità o contraffatti quali quelli che si possono trovare sulle bancarelle o ai bordi delle strade. Se poi l’ottico ritenga di essere in presenza di occhiali contraffatti o non a norma è evidente che debba cessarne la commercializzazione e attuare tutti gli approfondimenti necessari».
(red.)