Fatelli: il Mido si rifocalizza

Danilo Fatelli ricorda che per ragioni di concorrenza internazionale «le fiere (tutte) tendono a enfatizzare il numero di visitatori, ma è legittimo chiedersi se, nell’interesse generale delle imprese che vanno in fiera per vendere o per quelle che ci vanno solo (si fa per dire) per ragioni istituzionali di immagine e di difesa dei brand rappresentati, non sia meglio avere un great dealer o buyer delle grandi catene di distribuzione specializzate o dieci ottici».
«Personalmente ritengo – afferma ancora Fatelli - che dovremmo tenerci tutti caro il Mido: l’industria perché, nonostante tutto, l’appellativo di origine controllata “made in Italy” ha ancora un senso e un valore e lo stesso si può dire per chi, straniero, riesce a vendere in Italia; la distribuzione, infine, perché è l’unica manifestazione di sapore internazionale di un settore che ha bisogno di scrollarsi di dosso un po’ di provincialismo e di immobilismo».
Qui si apre il discorso, difficile, di come e se è necessario attualizzare il Mido, anche nei contenuti e nei programmi. «L’analisi dell’esperienza di questa edizione (vedi anche il servizio su b2eyes magazine di aprile, in uscita) potrà dare indicazioni e proporre soluzioni, qui vorrei anticipare un tema che sarà necessario riprendere in altro modo, quello del fuori salone – dice Fatelli - Anticipo due sole considerazioni. La prima: vale la pena organizzare eventi fuori salone (costi ed efficacia) per 1.000 persone quando in fiera ne passano 30.000 e la location fieristica consente di personalizzare eventi e opportunità di incontro finalizzate? La seconda consiste in un richiamo a non confondere le potenzialità del fuori salone della moda (quanti showroom di case di moda ci sono a Milano e come si fa a distinguersi?) o peggio con quelle del mobile/arredamento. Solo in Italia la rete dei negozi coinvolti nei diversi settori è stimabile in 80.000 e toccano settori merceologi diversi (mobili, tessuti, materiali, elettrodomestici, ecc.), molte centinaia di imprese, investe notevoli tecnologie produttive diverse e, quindi, numerose opportunità di fare innovazione e di avere argomenti di richiamo; il mondo dell’ottica, invece, si presenta con due settori su tre (perché?) in un tentativo di farsi male da solo, il cui valore di mercato è un decimo di quelli citati e le imprese poche decine. Meditiamoci su!» (nella foto il pubblico a uno dei numerosi incontri, organizzati all’OttiClub, durante Mido 2012).
(red.)

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