Safilo: previsti 350 esuberi in Italia

La riorganizzazione riguarderebbe dipendenti a tempo indeterminato dei tre stabilimenti, di cui oltre 200 soltanto a Longarone, su un totale di circa duemila addetti in produzione

Giusto il tempo di chiudere la trattativa della quarantina di esuberi della sede padovana che i sindacati sono di nuovo al lavoro per un confronto serrato con l’azienda di eyewear per decidere le sorti del prossimo futuro negli stabilimenti produttivi a Longarone, in provincia di Belluno, Martignacco, in provincia di Udine, e Santa Maria di Sala, in provincia di Venezia (nelle foto, da sinistra). A essere coinvolti, 350 dipendenti a tempo indeterminato. «Per i 38 esuberi della sede abbiamo recentemente firmato un accordo in Provincia - spiegano a b2eyes TODAY dalla segreteria della Filctem Cgil di Padova – Safilo ha infatti cambiato rotta e ha convenuto che le risorse individuate nell’headquarter avevano tutte le caratteristiche per restare nel gruppo: i dipendenti che sono usciti lo hanno fatto volontariamente, con un incentivo».
La partita si è, però, riaperta sul nuovo fronte: venerdì 19 gennaio i sindacati hanno incontrato i vertici aziendali per discutere le sorti dei 350 lavoratori. «Luisa Delgado, amministratore delegato di Safilo, ha chiarito nuovamente gli obiettivi del piano industriale 2020 – precisa il sindacato – Tra questi è prevista anche una riduzione dei costi di produzione, già avviata con la mancata riconferma di 200 contratti a termine e con la decisione di ridurre ulteriormente il personale a tempo indeterminato causa “surplus della capacità produttiva”, che noi sindacati abbiamo rigettato in maniera unitaria: a questo punto l’internalizzazione della produzione, il “made in Safilo” di cui l’azienda parla, non potrà coinvolgere l’Italia». 
In programma da qui alle prossime settimane una serie di incontri fra sindacati e dipendenti a livello territoriale, poi con tutte le rappresentanze sindacali per arrivare a un ulteriore confronto con i vertici di Safilo. «Abbiamo annunciato all’azienda che utilizzeremo tutte le forme a disposizione per evitare l’esclusione di questi lavoratori – aggiungono – In primis abbiamo proposto una selezione delle persone che potrebbero raggiungere la pensione con un incentivo e, con una verifica, una riorganizzazione degli orari lavorativi o una riqualificazione del personale». E da questo punto di vista qualcosa si è già mosso nello stabilimento di Longarone, dove probabilmente verrà avviata una modifica proprio degli orari di lavoro. Le modalità sono ancora in via di definizione, ma sindacati e azienda hanno cominciato a discuterne lunedì 22 gennaio, nel primo di una serie di incontri a livello locale. E sul tavolo ci sarebbe anche la possibile apertura della cassa integrazione ordinaria.
F.T.

 

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