Maslow, questo sconosciuto anche per l’ottica

Fino a poche settimane fa lottavamo “solo” contro una recessione latente che ostacolava la crescita dei consumi. Oggi lottiamo contro un virus che colpisce non solo i polmoni, ma anche le fondamenta della nostra esistenza

La piramide dei bisogni di Abraham Maslow (nella foto) nacque dopo gli anni 50, poco distante dalla Seconda Guerra Mondiale. Chi come me è stato a scuola di marketing negli anni 80 l’ha imparata a memoria. Oggi le nuove reclute del marketing la conoscono, forse, per sentito dire. Ma non per colpa loro. La piramide fu teorizzata nel 1954 dallo psicologo americano per rappresentare la gerarchia dei bisogni e la conseguente scalata del genere umano da una condizione di disagio post bellico a quella di un boom economico in arrivo che avrebbe portato a un consumatore indipendente e individualista qual è quello di oggi. Nonostante le crisi ricorrenti e le cadute dei grattacieli questa piramide la nostra società l’ha scalata. Magari non tutti hanno potuto vivere la vetta a lungo, ma di certo nessuno o pochissimi potevano sentirsi scivolati alla base della piramide, nella zona di insicurezza e di discomfort. Il virus ci ha ricacciato lì. All’inizio della scalata della società moderna.

La sua irruenza non sopprimibile da vaccini ha debilitato prima di tutto il nostro stato di sicurezza che ci fa sentire protetti e sereni. L’anomalia della sua diffusione ha scalfito i nostri bisogni fisiologici connessi alla sopravvivenza fisica, i primi a dover essere soddisfatti nella logica dell’istinto di autoconservazione per ognuno di noi. Nessuna piramide sta in piedi senza una solida base. Per cui i piani alti, dove stazionavano i bisogni sociali come l’appartenenza, la stima e l’autorealizzazione, piano piano si stanno svuotando rendendoci mononucleari, parte di una famiglia ristretta alle mura di casa, al recinto del giardino, agli schermi di Skype. Ma ciò che non ci spezza ci rafforza, come più volte ha insegnato la storia. Saremo in grado di accettare la lezione, saremo disposti a perdere tutti qualcosa per ritornare sulla punta della piramide? Questo lo sapremo solo vivendo, solo dopo che il virus ci avrà consegnato una nuova normalità su cui ricostruire la nostra personale piramide.

Molti dei centri ottici stanno chiudendo per riaprire tra qualche settimana con l’augurio di tutti che il pericolo sia finito. In questi giorni trovo umano che ognuno di noi ricerchi la sua base di piramide, la sicurezza e la salute. Quando torneremo sui consueti banchi di lavoro e di confronto, dopo averli preventivamente puliti con dell’Amuchina, non illudiamoci di poterci scrollare questo periodo tanto facilmente. La cima della piramide, l’autostima, non sarà più una conquista effimera, ma frutto di una programmazione che possa cautelarsi dai virus del futuro e dare continuità anche quando salta la luce. Io la vedo più difficile la ripartenza, perché come nel turismo è finita l’età della pensioncina al mare gestita dalla famiglia o, più in generale, del “tanto domani ce ne sarà un altro”. Il decreto di mercoledì sera che sentenzia principalmente la chiusura di bar e ristoranti e luoghi di aggregazione ludica, concede anche al negozio di ottica di rimanere aperto citandolo come “commercio al dettaglio di materiale per ottica e fotografia”. Di certo anche la nostra scalata di categoria, ai bisogni del nuovo millennio, è ancora lunga. Mi auguro che l’ottico se ne accorga.

Nicola Di Lernia

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