Certificarsi conviene

Il popolo anglosassone scommette e assicura tutto. Noi abbiamo imparato bene solo la parte peggiore e spesso non assicuriamo neanche l’automobile. Nell’ottica una certificazione professionale può assicurare il futuro o almeno prevenire i problemi di oggi?

Ho potuto conoscere da vicino il progetto di Cert.O. Ero infatti presente al suo lancio a Milano, nel lontano novembre 2017, dove manifestai pubblicamente il mio gradimento a un’iniziativa che tendeva a preservare la professionalità dell’ottico sotto un cappello di valori che io stesso condividevo. In secondo luogo ho sempre supportato l’ottica che non fa del prezzo la leva strategica della propria impresa, pur riconoscendo che quest’ultima è più scaltra a imparare da quella professionale che non viceversa. Infine, e questa è storia di pochi giorni fa, ho aderito all’idea di Assogruppi, l’associazione che riunisce oltre 3.400 centri ottici in Italia e madre di Cert.O, di essere testimone (nella foto) del loro video per lo sviluppo di Cert.O in Italia.

Quella di Cert.O non è un’iniziativa facile. Pur conservando dei valori essenziali per il sano proseguimento di un centro professionale, si scontra con il forte individualismo dell’ottico italiano che, per quanto coinvolto negli ultimi due anni nelle battaglie commerciali e nei cambiamenti dell’industria, continua il proprio cammino in solitaria, concedendosi alla condivisione solo dove trova opportunità da incassare nell’immediato. La certificazione della professionalità e competenza di un centro ottico è invece un investimento a medio termine. Non offre profitto immediato e tangibile se non dopo una partenza lenta, una condivisione del progetto da parte di un numero sufficiente e ben distribuito di punti vendita e il lancio susseguente di una campagna nazionale in grado di direzionare il pubblico su chi ha fatto la scelta della certificazione. Di fatto Cert.O assicura il cliente finale sul livello di preparazione del punto vendita, sull’aggiornamento e sui valori su cui si basa l’attività. Tutto ciò non è cosa da poco in un futuro scenario dove l’e-commerce, la verticalizzazione e la contaminazione industriale saranno duri colpi da parare per il negozio indipendente. Se vogliamo trovare un esempio oltralpe sulla certificazione professionale, non possiamo che stupirci di fronte ai circa cinquemila centri ottici francesi certificati. Sappiamo che i nostri cugini sono altrettanto individualisti quanto compatti a contrastare le entità più grandi di loro come le catene. Basterà questo esempio a far riflettere il collega italiano sull’opportunità di certificarsi e costruire così un network virtuale di centri ottici indipendenti di valore?

Pur essendo scettico di natura, lascio uno spiraglio all’opportunità di venire smentito dai fatti dei prossimi mesi. Le richieste d’informazione su Cert.O stanno aumentando esponenzialmente presso la sede di Assogruppi e sul loro sito. La curiosità sta crescendo e l’augurio è che la domanda si trasformi in conferme. A questa nostra ottica serve un filo invisibile di valori condivisi e di procedure e iter formativi uniformi, per poter garantire al cliente finale un livello di prestazioni professionali e di servizio moderno e competitivo con quello delle insegne grandi o medie presenti in Italia. Certificarsi oggi è probabilmente un modo di assicurare parte del proprio business in una chiave di lettura condivisa fra molti ma non per tutti. Pensate a Cert.O come a un investimento assicurativo verso un mercato liquido che cambia faccia costantemente e può dimostrarsi in ogni momento pericoloso se non letale. Potreste così, da qui a tre anni, riaffermare che nel nostro paese il piccolo è ancora importante per decidere il destino di una categoria come l’ottica. Se non lo deciderete voi, lo deciderà qualcun altro, per voi.

Nicola Di Lernia

Professione