In più di cinquemila erano già in coda dalle 7 del mattino al Piccolo Teatro di Milano, dove è stata allestita la camera ardente, per un ultimo saluto a Ornella Vanoni (nella foto, tratta dal profilo Facebook dell’artista). Ma quello che è interessante, al di là del numero e della sincera commozione, è stata la varietà delle persone presenti. Dalle massime autorità milanesi come il sindaco Beppe Sala e l’assessore alla Cultura Tommaso Sacchi alla gente di spettacolo, da Fiorella Mannoia a Simona Ventura, a Fabio Fazio, dallo stilista Antonio Marras a personaggi come Liliana Segre, tutti con qualcosa da raccontare su di lei. Ma è stata la gente comune a colpire maggiormente. Di livelli sociali, cultura, professioni diverse e di tutte le età. Dalla coppia che s’era innamorata al suono di una sua canzone mezzo secolo fa, ai millennial e alla Generazione Z, affascinati dalla sua personalità, all’anziana signora con bastone, che non si perdeva “Che tempo che fa”, per sentire le sue irresistibili argomentazioni.
E così era Ornella Vanoni, che lo scorso anno aveva compiuto 90 anni, nella vita normale, come molti l’hanno conosciuta. Grande diva, apparentemente inarrivabile, in concerto con Gino Paoli negli anni 80 e giovane mamma che incontravi dal droghiere sotto casa con il figlio. O ancora, star da silenziare, quando entrava, l’intera sala di un ristorante alla moda, magari indossando vistosi occhiali colorati o che dialogava divertita con la proprietaria di un piccolo, delizioso negozio di trouvailles. Anche il suo repertorio era in linea con questa varietà ed era forse uno dei motivi del suo successo come persona. Capace di passare dalle canzoni della mala milanese, con cui aveva iniziato, a pezzi d’autore, di livello. Sempre restando Ornella Vanoni. Non a caso è stata ricordata con una sua canzone, sabato al Teatro Gerolamo di Milano, alla fine di uno spettacolo dedicato alla grande Edith Piaf.