L’occhio in gioco è una mostra promossa da Fondazione Cariparo e Università di Padova nell’ambito delle celebrazioni per gli 800 anni di storia dell’ateneo patavino, che raccoglie 420 opere provenienti da 125 diversi artisti: unisce pittura, scultura, fotografia, scienza e tecnologia e porta lo spettatore «su e giù, avanti e indietro nel tempo, tra Medioevo e contemporaneità, Picasso e i fratelli Lumière, Kandinskij e Balla, Man Ray e Klee, Boccioni e Duchamp, alla scoperta dei molteplici e affascinanti espedienti, artifici, stratagemmi e giochi di prestigio con cui l’uomo è riuscito a trarre in inganno gli occhi», si legge sul sito del Palazzo del Monte di Pietà di Padova.
La prima parte dell’esposizione esplora il rapporto tra colore, percezione e movimento. Si comincia con la rappresentazione del Cosmo tra Medioevo e primo Rinascimento attraverso il ricorso a due elementi cardinali: il colore e il cerchio. La seconda parte della mostra è una monografia che mette in evidenza lo stretto legame tra scienza e arte nella città in cui Galileo ricoprì la prestigiosa cattedra di Matematica per 18 anni, ed è dedicata alla correlazione tra lo studio della percezione, che si andava sviluppando nell’università cittadina dopo la fondazione, nel 1919, del Laboratorio di Psicologia sperimentale, e l’attività di un collettivo di artisti padovani, operante tra il 1960 e il 1964, chiamato Gruppo N.
L'occhio in gioco, curata da Luca Massimo Barbero per la parte storica e da Guido Bartorelli, Giovanni Galfano, Andrea Bobbio e Massimo Grassi dell’Università di Padova per la parte dedicata al Gruppo N e alla scuola di psicologia della percezione, non si conclude però all’interno di Palazzo del Monte di Pietà, ma invade la città con cinque installazioni di Marina Apollonio, Alberto Biasi ed Edoardo Landi. Infine, la mostra è accompagnata da un ricco calendario di eventi grazie ai laboratori domenicali per bambini e ragazzi, tour guidati e incontri di approfondimento (nelle foto, alcune delle opere in mostra).
(red.)