La città, sede tra l’altro della fiera Silmo e di altre importanti realtà dell’ottica, sotto choc per il grave incendio, poi domato, che nella serata di lunedì ha sfigurato la cattedrale. Non si sono registrati morti, ma l’intero tetto è danneggiato, la struttura distrutta, parte della volta crollata e la guglia non esiste più. Per tutti, ma soprattutto per chi ha vissuto in questa città, come Luisa Espanet, giornalista italiana di moda e costume e firma della nostra testata, niente sarà più come prima
Parigi brucia. Non è il titolo del film di René Clement. E non perché manca il punto interrogativo. Si è incendiata Notre-Dame (nella foto, tratta da corriere.it) uno dei simboli della città e della Francia. Per i parigini più della Tour Eiffel o dell’Arco di Trionfo. Perché simbolo della Parigi storica, della rivoluzione, di Victor Hugo. Alle 18.30 del 15 aprile il mondo si è fermato. Alla televisione le immagini di quella guglia di cento metri che si abbatte su se stessa hanno evocato una scena di quasi diciotto anni fa, che non avremmo mai voluto rivedere, se non nei film. Questa volta non ci sono stati morti, né una minaccia terroristica a spingere tutto. Ma il senso dell’impotenza e della precarietà dell’uomo ha avuto un’ulteriore conferma. Terribile, inaspettata. Dicono ci vorranno anni per ricostruire la cattedrale, patrimonio dell’umanità dal 1991, ma non sarà mai più la stessa. E non sarà più la stessa l’Ile de la Cité e perfino Parigi. Nelle preghiere di quella folla di turisti e parigini tutti ci siamo visti. Chi è vissuto in quella città come chi l’ha vista in cartolina, chi è credente e chi non lo è.
Luisa Espanet