Quale sarà il nuovo concept dei centri ottici?

La ricerca di KikiLab, presentata al Progressive Business Forum di giugno, è stata esplicita: occorrono novità nell’approcciarsi alle esigenze dell’utente finale. E alcuni imprenditori illuminati del retail italiano di provincia si sono dati da fare in tal senso

I cento potenziali portatori di lenti progressive entrati in 152 centri ottici italiani come clienti misteriosi hanno dato pareri concordi sulla loro accoglienza, secondo l’indagine di KikiLab. Riguardo le aree soft, che coinvolgono l’immagine e lo stato del negozio, la media totale è stata del 79 su 100 contro una media dell’86 su 100 delle farmacie italiane. Se non fosse per le catene di ottica, il giudizio sarebbe stato ancora più severo. I commenti dei clienti misteriosi spaziano tra pavimento e scaffali pieni di polvere, ottici svogliati se non reticenti e approcci forzati degli addetti alle vendite.

In sostanza le aree soft sono sufficienti ad accogliere un cliente moderno, ma non affascinanti al punto da sorprenderlo. Cosa manca ai nostri centri ottici sia nell’immagine sia nella formazione all’accoglienza del suo personale? Un tema spinoso questo, su cui però spesso l’imprenditore non prende decisioni definitive e nasconde sotto il tappeto le percezioni negative del consumatore.

Eppure, si poteva credere che il nostro settore negli ultimi vent’anni si fosse rifatto in toto il look. Eravamo passati dall’epoca del free service, che aveva come obiettivo primario l’esposizione dell’ingente magazzino, alla versione pulita dello store, ovvero zero vetrine, poche montature in vista e spazi ampi e luminosi di accoglienza arricchiti da materiali curati e costosi: punti vendita intenti a comunicare la propria identità, o alla peggio quella dell’arredatore, con scarsa attenzione però a quanto voleva il cliente finale. Pochi hanno pensato a girare la bottiglia e a guardare non solo il marchio, ma anche la sua provenienza. Una sorta di peccato originale, che abbiamo generalmente accettato: anteporre l’ottico al suo pubblico, come il prodotto al consumatore finale. Abbiamo spesso confuso il layout con il branding: oggi il centro ottico manca di una strategia di comunicazione dei propri valori, dei servizi collegati, della scelta di gamma orientata al grande pubblico.

Tuttavia il nuovo decennio ha portato con sé esempi eccellenti di applicazione strategica della mission aziendale al concept del centro ottico. È il caso di +Vista Village, chiamato polo del benessere visivo, a Guidonia, in provincia di Roma, dove nei quattromila metri quadrati, con il centro ottico che ne occupa la metà, si abbinano una palestra, un poliambulatorio, un bistrot biologico e un parco a disposizione del pubblico. Per passare a Oggiono, a pochi chilometri da Lecco: qui Ottica Visus ha creato uno spazio polispecialistico, dove a fine giornata tutti i professionisti si siedono intorno a un tavolo e si confrontano su eventuali casi emersi. Infine, ad Alte Ceccato, nei pressi di Vicenza, dove Punto Ottico Humaneyes ha rivoluzionato il suo storico centro ottico dando dignità a ciascun passaggio della vendita, dichiarando che “non si può far scegliere un occhiale di valore da una rastrelliera”. Più che rifare il look del proprio negozio o studio, questi tre esempi di imprenditoria ottica hanno cercato di applicare una strategia per venire incontro ai nuovi desiderata della gente.

Nicola Di Lernia

Punto vendita