Usciremo velocemente dal tunnel dell’epidemia solo quando impareremo a essere un settore anticiclico. Ora infatti, a parte qualche debole segnale, stiamo facendo poco o nulla per risultare indispensabili al pubblico
La crisi di modelli, valori ed economia di cui la fine dell’epidemia porterà lo strascico, almeno per questo periodo estivo, ci obbliga a serie riflessioni individuali e di gruppo. Nell’ottica di collettivo abbiamo sinora affrontato solo la scelta di partecipare alle fiere e ai convegni, ma voglio credere che possa diventare per il pubblico un mercato anticiclico. Durante i periodi di recessione esistono settori che generalmente sovraperformano rispetto alla media: sono chiamati anticiclici e sono considerati non influenzati dal ciclo economico. Ma farne parte non è così facile e scontato. Occorre strategia e duro lavoro. Si tratta prevalentemente di comparti che riguardano beni o servizi di prima necessità, e quindi anche durante una fase di recessione sono comunque fondamentali. Di conseguenza, gli investimenti legati al periodo vengono orientati principalmente in tale direzione. Per questo sono anche chiamati settori difensivi.
L’epidemia ha portato la richiesta dei bisogni del pubblico dalla vetta della piramide, dove stanno l’autostima e l’acquisto di un’automobile, alla sua base composta da beni primari e legati alla salute personale. A un mercato automobilistico, che in Italia a marzo 2020 vendeva circa un decimo delle auto del 2019, si contrappone il retail dell’ottica, che ha dichiarato fatturati nel periodo marzo-aprile del 70% al di sotto dello stesso periodo dell’anno precedente. È qui che va presa la decisione. Probabilmente l’auto, essendo legata a un mercato ciclico che performa in un periodo florido, continuerà con i segni negativi per tutto il 2020. E l’ottica? Riuscirà a cambiare pelle, a diventare adulta sul piano dell’offerta “difensiva”, se non al pari, almeno in parallelo a quella del farmacista e del sanitario in genere? Qui l’optometria c’entra poco, comprese le diatribe con il medico oculista. Qui si parla di atteggiamento e di offerta. Se alcuni segnali di questo periodo non sono da sottovalutare, come le soluzioni antifog per l’uso dell’occhiale e della mascherina, visiere protettive da applicare sulle montature oppure occhiali di protezione ultraleggeri da indossare sopra quelli correttivi, considerabili per l’appunto prodotti “difensivi” per il pubblico, resta da domandarci cosa ci siamo lasciati alle spalle di battaglie perse.
Abbiamo scoperto che anche la lente a contatto può considerarsi un bene “difensivo” dopo che il pubblico ha iniziato a farne scorta tra marzo e aprile. Che il secondo occhiale non è solo un cross selling inventato dal marketing, ma una grande sicurezza in periodi di lockdown, soprattutto se alcuni esperti compaiono in televisione con l’adesivo sulle aste. Che le soluzioni per il benessere oculare, in momenti di stress come questo, se fossero state patrimonio degli ottici, avrebbero creato un minimo di traffico nel centro ottico e non dal farmacista. Come potrebbe configurarsi un futuro dell’ottica anticiclico per eccellenza? Provate a pensare a un’offerta di cui il consumatore non possa mai fare a meno. Concentratevi su questo. Per il tempo giusto. Perché, come disse Friedrich Nietzsche, “il tavolo sta meglio su tre gambe che su quattro”.