Si è svolta domenica a Roma, alla presenza di quasi 700 iscritti, la plenaria del dodicesimo Convegno dell’associazione confindustriale, in programma sino a ieri presso l’Hotel Ergife Palace: al centro della giornata, il valore da dare al termine digitale nel futuro della contattologia, anche nella relazione con l’utilizzatore di lac
Il punto di partenza è che ci si trova di fronte a un cambiamento ormai in atto e inevitabile, in ogni settore, e la contattologia non fa eccezione. «Stiamo affrontando una rivoluzione digitale, parliamo già oggi di realtà aumentata, internet delle cose, intelligenza artificiale: qui parleremo di innovazione tecnologica, di futuro che è già presente nella nostra quotidianità professionale», ha detto Paola Rizzetto, presidente di Assottica Gruppo Contattologia in apertura dei lavori, sottolineando come gli argomenti trattati siano stati delineati grazie alla survey Assottica “Contattologia, comunicazione e prospettive di business”, realizzata nel 2016 somministrando online circa 700 questionari. Accanto alla necessità di informazione sugli studi scientifici circa le caratteristiche tecniche delle lac e i materiali, dalla ricerca è emersa anche l’esigenza di approfondire le tecniche di comunicazione per migliorare il contatto con il potenziale portatore, espressa da quasi il 60% del campione, che in buona parte (74%) utilizza già i social per il contatto con il pubblico, in primis Facebook.
Sul fatto che il cambiamento, da non combattere, renda necessario un ripensamento di schemi mentali e modalità di relazione si è espresso Nicola Porro. «Bisogna essere consapevoli che non basta aprire una pagina Facebook - ha detto il giornalista - Il digitale è un lavoro, richiede studio dei linguaggi e dei meccanismi e perseveranza, i risultati non arrivano subito. E non va sottovalutato: la sua forza è l’interattività, la rete vive di un marchio che sei tu e di una comunicazione orizzontale, per cui si parla non ai clienti ma con i clienti, rispondendo a uno a uno». Così si crea una community per cui si diventa un punto di riferimento. E le informazioni che un professionista può avere dalla sua community hanno un valore immenso, sebbene essere su Facebook non significhi automaticamente fatturare di più, come ha sottolineato Roberto Rasia Dal Polo, comunicatore e formatore, che ha moderato i lavori.
Assodato che i social sono importanti per acquisire clienti e fidelizzarli, il problema cui si trova davanti il professionista è cosa raccontare. «I social non servono per vendere - ha affermato Veronica Gentili, social media specialist - Se li usate come una vetrina con offerte e prodotti, state parlando alle persone sbagliate nel contesto sbagliato e nel modo sbagliato, i contenuti devono mirare a interagire». L’esperta, che ha dato anche qualche suggerimento concreto su come raccontare le lac, ha messo in luce che i social servono per creare autorevolezza, generare passaparola, coinvolgere: è opportuno raccontare se stessi, competenze ed esperienza, offrire consigli magari attraverso video e immagini che possano essere condivisi, raccontare i propri collaboratori e farsi raccontare da loro. «L’obiettivo – ha sottolineato Gentili – non è essere un’alternativa tra tante, ma diventare la scelta: vengo da te perché voglio il tuo consiglio, perché mi conosci. Le persone non comprano quello che fai, ma perché lo fai» (nella foto, la platea durante il Convegno).
N.T.