A marzo Sover chiese la mobilità per intraprendere la cessazione dell’attività produttiva per 21 dei 55 dipendenti, dichiarando una certa flessibilità futura e, soprattutto, l’impegno a non delocalizzare la produzione. Ora però, dopo cinque mesi di attesa e un responso negativo, la famiglia Cannicci ha voluto esprimere il proprio sconcerto per lo stato di abbandono in cui versano molte piccole e medie aziende. «Questa vicenda rappresenta un chiaro esempio di come la burocrazia e la cecità di certi apparati dello Stato italiano possano determinare la vita o la morte di un’impresa, indipendentemente dalle sue potenzialità e dai suoi progetti – si legge in una nota di Paolo (nella foto), Vittorio e Stefano Cannicci, rispettivamente presidente, vicepresidente e direttore generale di Sover - In questi anni le ripetute crisi del settore dell’occhialeria ci avevano naturalmente toccato, senza tuttavia impedirci di fronteggiare il mercato globale in modo adeguato, anche grazie a investimenti in innovazione e in risorse umane. Poi, lo scorso inverno, a fronte di una crisi finanziaria, l’azienda ha preso la decisione di ricorrere agli strumenti previsti dal ministero dell’Economia per le aziende in difficoltà: è stato l’inizio di un’agonia che non trova giustificazione». Sover aveva, infatti, chiesto al Governo di farsi garante attraverso l’agenzia Invitalia (l'Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, che agisce per il salvataggio e la ristrutturazione di medie e grandi imprese in difficoltà sotto forma di garanzia statale sui finanziamenti bancari contratti dall’impresa di un prestito, ndr). La risposta avrebbe dovuto arrivare entro 30 giorni, ma ce ne sono voluti 150 ed è stata negativa.
A generare le difficoltà finanziarie dell’azienda di Soverzene, che vanta nel proprio portafoglio marchi in licenza come 1A Classe Alviero Martini, Laura Biagiotti, MCS, sono stati molti fattori: la crisi dei mercati, che ha costretto ad abbassare i prezzi di vendita, la difficoltà di accesso al credito e, soprattutto, il ritardo nei pagamenti da parte dei clienti. «Eppure le condizioni per accedere al fondo destinato alle imprese in difficoltà le rispettiamo in pieno e non comprendiamo come si possa abbandonare un’azienda che è comunque già pronta con un piano di riorganizzazione e un aumento di capitale sociale che salverebbe il posto di lavoro di dipendenti di grande professionalità, con i quali Sover ha costruito il proprio successo in mezzo secolo di attività – recita ancora la nota - Il ritardo poi con il quale ci è stata comunicata la non disponibilità degli aiuti rappresenta un fatto incomprensibile e grave: è evidente che se lo avessimo saputo per tempo avremmo attivato ulteriori strategie, anziché dare fondo a tutte le nostre risorse per portare avanti l’azienda in attesa di un supporto, oggi negato. Ora ci vediamo costretti a rincorrere una ristrutturazione del nostro modello di business che ci consenta di essere comunque competitivi in un segmento non certo facile».
(red.)