«Le abilità e le competenze che vengono acquisite nei nostri corsi di ottica sono di sicuro più rilevanti e complete rispetto a quelle acquisite in percorsi formativi di professioni diverse, sempre nell’ambito oftalmico – prosegue la lettera di Alessandro Fossetti (nella foto) - Se potessimo fare un confronto tra le medie delle competenze che i diversi professionisti hanno all’uscita dei loro percorsi formativi, relativamente alle sole tecniche di misurazione della vista e determinazione della corretta prescrizione ottica, dal punto di vista correttivo, funzionale e del comfort, troveremmo delle differenze a dir poco significative e delle lacune imbarazzanti».
Secondo il direttore della scuola di Vinci, queste considerazioni valgono a maggior ragione per l’optometrista. «Contro questo termine sembra che vi sia una congiura coordinata: alcuni lo citano solo in connessione con la voce ottico, altri negano persino che in Italia esista. Ma le cose stanno altrimenti – si legge nella missiva - In Italia l'optometria non è un'autocertificazione, tanto che anche lo Stato la riconosce, sia nella fiscalità sia nella giurisprudenza: la Corte di Cassazione ha affermato più volte che l’esercizio dell’optometria è lecito in Italia, almeno fino a quando tale professione non venga a essere normata dal legislatore. Come si può far finta di non saperlo? Esistono professionisti che possono dimostrare di aver studiato l'optometria: in Italia, nei corsi regionali, o all’estero, in Università europee ed extraeuropee. Tra questi vi sono anche quelli che escono dal nostro Istituto, dopo aver fatto tre anni di studio successivamente alle superiori, un percorso che è organizzato sulle linee direttive del Diploma Europeo e che penso abbiano la dignità di potersi dichiarare optometristi e di praticare l’optometria, nei limiti concessi dalle sentenze della Suprema Corte di Cassazione. I nostri ex studenti, che siano ottici oppure optometristi, non hanno cercato un percorso facilitato o delle scorciatoie per ottenere quei titoli, non sarebbero venuti a studiare a Vinci altrimenti: non hanno chiesto privilegi, si sono invece impegnati a frequentare davvero i corsi, a superare esami veri, hanno scelto di entrare nel mondo dell’ottica oftalmica e dell’optometria per la “porta stretta”. E hanno rispettato, come giustamente si chiede, “un percorso formativo adeguato a tutela della sicurezza dei cittadini”».
Fossetti conclude la sua nota rivolgendo un appello alle associazioni, affinché diano «più spazio e considerazione alla formazione, partendo dalla consapevolezza che in Italia esistono già due categorie di professionisti che possono dimostrare di avere, ognuna nei propri ambiti, abilità e capacità adeguate al controllo, al trattamento e alla prevenzione dei problemi della vista e della visione. Siano stati formati a Vinci e in altre degne scuole italiane – sottolinea - io mi sento di difendere la loro preparazione, la loro professionalità, la loro dignità e il loro diritto a essere, nel senso di “operare come”, optometristi e/o ottici. Invito tutti a fare lo stesso, proprio per il bene dei cittadini».
(red.)
Secondo il direttore della scuola di Vinci, queste considerazioni valgono a maggior ragione per l’optometrista. «Contro questo termine sembra che vi sia una congiura coordinata: alcuni lo citano solo in connessione con la voce ottico, altri negano persino che in Italia esista. Ma le cose stanno altrimenti – si legge nella missiva - In Italia l'optometria non è un'autocertificazione, tanto che anche lo Stato la riconosce, sia nella fiscalità sia nella giurisprudenza: la Corte di Cassazione ha affermato più volte che l’esercizio dell’optometria è lecito in Italia, almeno fino a quando tale professione non venga a essere normata dal legislatore. Come si può far finta di non saperlo? Esistono professionisti che possono dimostrare di aver studiato l'optometria: in Italia, nei corsi regionali, o all’estero, in Università europee ed extraeuropee. Tra questi vi sono anche quelli che escono dal nostro Istituto, dopo aver fatto tre anni di studio successivamente alle superiori, un percorso che è organizzato sulle linee direttive del Diploma Europeo e che penso abbiano la dignità di potersi dichiarare optometristi e di praticare l’optometria, nei limiti concessi dalle sentenze della Suprema Corte di Cassazione. I nostri ex studenti, che siano ottici oppure optometristi, non hanno cercato un percorso facilitato o delle scorciatoie per ottenere quei titoli, non sarebbero venuti a studiare a Vinci altrimenti: non hanno chiesto privilegi, si sono invece impegnati a frequentare davvero i corsi, a superare esami veri, hanno scelto di entrare nel mondo dell’ottica oftalmica e dell’optometria per la “porta stretta”. E hanno rispettato, come giustamente si chiede, “un percorso formativo adeguato a tutela della sicurezza dei cittadini”».
Fossetti conclude la sua nota rivolgendo un appello alle associazioni, affinché diano «più spazio e considerazione alla formazione, partendo dalla consapevolezza che in Italia esistono già due categorie di professionisti che possono dimostrare di avere, ognuna nei propri ambiti, abilità e capacità adeguate al controllo, al trattamento e alla prevenzione dei problemi della vista e della visione. Siano stati formati a Vinci e in altre degne scuole italiane – sottolinea - io mi sento di difendere la loro preparazione, la loro professionalità, la loro dignità e il loro diritto a essere, nel senso di “operare come”, optometristi e/o ottici. Invito tutti a fare lo stesso, proprio per il bene dei cittadini».
(red.)