Riconoscere le persone, leggere un libro o attraversare la strada: è questo l’obiettivo del progetto destinato a ciechi e ipovedenti per una vita un po’ più autonoma. Oggi queste semplici azioni potrebbero, infatti, diventare possibili grazie a Horus Technology, frutto della ricerca di tre giovani ventenni genovesi. Il prototipo sa attualmente leggere i testi e riconoscere le facce, ma è predisposto anche per identificare gli oggetti e distinguere le strisce pedonali. Può essere installato su qualunque tipo di occhiali ed è dotato di un microfono e di un meccanismo di conduzione ossea che permette di sentire le indicazioni senza cuffie. È collegato a un dispositivo a batterie che si può tenere in tasca.
«Tutto è nato quando una persona non vedente ci ha chiesto di aiutarla per raggiungere la fermata dell’autobus – spiega al microfono de Le Iene Luca Nardelli (nella foto), uno dei giovani ricercatori, insieme a Benedetta Magri e Alessio Mereta – In quel momento abbiamo pensato che ci sono macchine che si guidano da sole, robottini che puliscono casa: le basi c’erano, si trattava solo di riportarle a interagire con una persona». Ma se le idee non mancano, non ci sono i soldi. Il progetto è stato fino a oggi autofinanziato e i ragazzi chiedono, quindi, un aiuto con una donazione. Secondo quanto riportato da repubblica.it, dal 2015 dovrebbe ufficialmente partire la fase di sperimentazione: con le risorse raccolte e grazie al supporto di due grandi aziende che hanno deciso di investire nel progetto, i dispositivi passeranno nelle mani dell’associazione italiana ciechi e ipovedenti e quella dei Genitori di ragazzi non vedenti.
F.T.
«Tutto è nato quando una persona non vedente ci ha chiesto di aiutarla per raggiungere la fermata dell’autobus – spiega al microfono de Le Iene Luca Nardelli (nella foto), uno dei giovani ricercatori, insieme a Benedetta Magri e Alessio Mereta – In quel momento abbiamo pensato che ci sono macchine che si guidano da sole, robottini che puliscono casa: le basi c’erano, si trattava solo di riportarle a interagire con una persona». Ma se le idee non mancano, non ci sono i soldi. Il progetto è stato fino a oggi autofinanziato e i ragazzi chiedono, quindi, un aiuto con una donazione. Secondo quanto riportato da repubblica.it, dal 2015 dovrebbe ufficialmente partire la fase di sperimentazione: con le risorse raccolte e grazie al supporto di due grandi aziende che hanno deciso di investire nel progetto, i dispositivi passeranno nelle mani dell’associazione italiana ciechi e ipovedenti e quella dei Genitori di ragazzi non vedenti.
F.T.