Più di 60 ispezioni dei Nas a centri ottici italiani

«Per agevolare il lavoro degli inquirenti, la Società Oftalmologica Italiana ha allegato alle segnalazioni un elenco delle «attrezzature con utilizzo compatibile da parte dell’ottico»: vanno dall’autorifrattometro, al cheratometro, all’oftalmometro, all’ottotipo per lontano e per vicino, al forotter, al misuratore della distanza interpupillare – si legge nel pezzo, pubblicato il 5 maggio sulla versione online de La Stampa, la prima testata a dare la notizia insieme a Il Secolo XIX, ripresa nei giorni successivi anche da altre testate - Poi, ci sono quelle che servono per diagnosticare problemi alla vista, materia affidata ai soli medici. Sono gli schiascopi e i retinoscopi, che prevedono anche l’utilizzo di farmaci per dilatare le pupille; il topografo corneale e il biomicroscopio con lampada a fessura, che possono servire anche agli ottici, ma soltanto per l’applicazione delle lenti a contatto; il tonometro, per misurare la pressione oculare; il pachimetro (misura lo spessore della cornea, importante per le diagnosi di glaucoma); il perimetro computerizzato o manuale, per l’analisi del campo visivo; l’Oct (tomografo a coerenza ottica), utilizzato «in ambito clinico per la diagnosi e il controllo di gravi malattie vitreoretiniche e per la diagnosi e il controllo di gravi patologie del segmento anteriore dell’occhio»; il retinografo; il conta cellule endoteliale; il pupillometro; test per la valutazione della secrezione lacrimale».
L’articolo del quotidiano torinese ricorda, inoltre, che «chi ha utilizzato i macchinari in modo improprio rischia l’incriminazione per abuso della professione medica. Qualcuno aveva anche cercato di aggirare il divieto chiedendo a un medico di utilizzare i macchinari in negozio. Procedura vietata dalla legge, anche se punita soltanto con una multa. Il lavoro degli inquirenti, però, non è facile. Molti macchinari sono multifunzione, gli ottici sono abilitati per alcuni utilizzi, ma non per altri: per sostenere l’accusa di abuso della professione medica, è necessario dimostrare che l’ottico ha fatto una diagnosi oppure ha somministrato farmaci». E conclude affermando che «qualche anno fa, aveva sollevato polemiche il caso di un bimbo di tre anni che aveva rischiato di perdere la vista da un occhio, proprio a causa di un esame di controllo fatto da un ottico e mai approfondito da un medico. Il bimbo era strabico, è stato salvato da un’operazione chirurgica. Ma l’ottico non l’aveva capito. Anche perché non era il suo mestiere».
(red.)

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