La “silver economy” arricchirà anche l’ottica?

Secondo un recente articolo apparso su Corriere Salute “l’età della svolta sta sconfinando oltre i 60 anni: succede perché i meccanismi dell’invecchiamento biologico sono cambiati, specialmente negli ultimi vent’anni”. Per la gestione della presbiopia non è proprio così

Il nostro paese è pieno di contraddizioni. Siamo una nazione di anziani, tanto che alcuni, come Elon Musk, pronosticano la scomparsa dell’Italia sul piano demografico, ma allo stesso tempo siamo tra i luoghi più longevi e i nostri “vecchi” sono sempre più giovanili. Sarà grazie al clima, alla conformazione geografica, al cibo, allo stile di vita. L’italiano di oggi è quello che sposta la lancetta della metà del percorso di vita dai 50 anni del passato ai 60. I motivi sono molteplici. Il primo è la volontà di sopravvivere brillantemente e di togliersi nuove soddisfazioni. Se mettiamo a confronto la foto di un sessantenne del 1970 con uno del 2020 avremo una prova certa del mutamento della nostra specie. In seconda battuta, oltre a essere e a contare sempre di più, i sessantenni di oggi dispongono di una capacità economica superiore a quella dei propri figli.

L’industria stessa si sta sforzando di soddisfare un target che un tempo era passivo e resiliente alla spesa. Secondo Confindustria, già nel 2018 era evidente la disuguaglianza tra le diverse fasce di età. In Italia, infatti, “gli over 65 si caratterizzano per un consumo pro-capite medio annuo più elevato, 15,7 mila euro (contro i 12,5 per gli under 35); un reddito medio più alto, 20 mila euro (a fronte di 16 mila degli under 35); una maggiore ricchezza reale pro-capite, 232 mila euro (vs 110 mila); una solidità finanziaria superiore, con 1 anziano su 10 indebitato (a fronte di quasi 1 su 3 tra gli under 40); un’incidenza della povertà inferiore della metà rispetto agli under 35 (13% vs 30%); una resilienza al ciclo economico in quanto il reddito medio annuo degli over 65, tra le diverse fasce d’età, è l’unico ad avere superato i livelli pre-crisi”, si legge in una nota del Centro Studi confindustriale del febbraio 2020.

Capita spesso nel mercato dell’ottica, sia nello studio professionale sia al banco, di trattare i clienti solo per il loro difetto visivo da correggere. La cosiddetta anamnesi socioeconomica legata anche alle aspirazioni di vita è sovente relegata alla domanda sugli hobby: come se tutti fossero uguali, salvo che nella refrazione. Eppure nel segmento della presbiopia da tempo avvengono fatti strani. I presbiti spesso anticipano il proprio problema visivo prima dei 40 anni a causa dello stile di vita e del lavoro. Si possono a loro volta dividere in tre gruppi fondamentali: i quarantenni, quelli del primo sintomo e del primo equipaggiamento, i cinquantenni, già corretti e attivi, gli over 65, pensionati e ricchi anche di aspettative. Questi ultimi sono tanti, hanno disponibilità economica, si ritengono ancora giovani e meritevoli di soluzioni alla pari di chi ha dieci o vent’anni in meno ed è ancora in carriera.

L’ottica è preparata a servire la “silver economy” in modo adeguato? Sul piano tecnico forse sì. Su quello della strategia aziendale e della psicologia d’approccio credo di no. Se continuiamo a fare di tutta l’erba un fascio continueremo a perdere i dettagli di un mercato estremamente variegato. Un noto aforisma, attribuito a Marcel Proust, dice: un vero viaggio di scoperta non è cercare nuove terre, ma avere nuovi occhi. Cerchiamo di vederli anche noi i particolari, non solo di farli vedere agli altri.

Nicola Di Lernia

Formazione