Cosa sei disposto a perdere?

Avrà parte dei sintomi di un’influenza ma il coronavirus rischia di non passare in fretta e di modificare parte delle nostre abitudini e certezze. Negli ultimi giorni a colleghi, imprenditori e anche a me stesso ho rivolto questa domanda

Cosa sei disposto a perdere, purché si ritorni a una nuova normalità? Quando l’economista Zygmunt Bauman sanciva il concetto della società liquida e che questa poggiava sui valori dell’incertezza e del cambiamento forse non l’abbiamo preso troppo sul serio. La necessità, secondo Bauman, che l’uomo dovesse riscoprire vecchi valori per tornare a essere, insieme ai propri simili, una forza della natura appare oggi lettera morta o un inizio inaspettato. Quando colpisci il genere umano sulla base della piramide dei propri bisogni, quelli salutistici, metti in discussione tutti i piani superiori. L’impressione è che da soli, seguendo i dettami del radicato “io speriamo che me la cavo”, non ne veniamo fuori. Quello che ci sta succedendo sta rimescolando il barile della nostra quotidianità portando a galla sedimenti scomodi.

Quindi, cosa siete disposti a perdere, per tornare a una nuova normalità magari migliore della precedente? Va riproposto, a mio avviso, il concetto di comunità, anche nell’ottica. La fragilità di questo tempo nasce dall’individualismo sfrenato e da una bulimia consumistica. L’uomo ha reso fragile questa società perché le ha tolto punti di riferimento, rendendola per l’appunto liquida. Invece di fare a sportellate sulle date delle prossime fiere e convegni, come sta succedendo in Italia fuori e dentro l’ottica, ci si dovrebbe porre tutti insieme una domanda seria. Non sarebbe il caso di essere più prudenti, più cooperativi, più strategici? Oltre ai tavoli della Protezione Civile, non potremmo aprirne altrettanti su come uscire da questa situazione tutti insieme, ognuno per il proprio settore, e su cosa fare nel frattempo? Anche una grande nave che esce dal porto di Venezia e accarezza piazza San Marco è guidata da due invisibili rimorchiatori che la indirizzano in mare aperto.

E io, cosa sono disposto a perdere per tornare a una nuova normalità? I miei ancoraggi, innanzitutto. La pigrizia riguardo alla tecnologia che utilizzo in maniera speculativa e non strategica. La disattenzione salutistica e igienica, non eccessiva ma rilevante oggi più di prima. La scapigliata gestione del tempo che non torna e non rende. Il senso della velocità a tutti i costi che è anche il motivo principale della propagazione del virus. L’apparenza della personalizzazione dei rapporti umani che sfiorisce ai primi sintomi di tosse secca. Paradossalmente le ultime disposizioni governative che impongono la distanza di un metro tra una persona e l’altra ci permettono di vedere gli individui singolarmente e non come massa indistinta. Se sarò capace di fare tutto o parte di ciò, avrò capito la mia lezione perché, in questa storia, ognuno se vuole è in grado di leggere la propria (nella foto, di Ansa, la conferenza stampa di presentazione della nuova Fiat 500 elettrica, che si è tenuta mercoledì a Torino: i giornalisti presenti hanno rispettato la distanza di sicurezza, un metro, raccomandata dalle nuove misure del governo).

Nicola Di Lernia

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