Afragoli: l’importanza del caso di Torino per tutta la nostra categoria

Il presidente di Federottica (nella foto) interviene con una nota sulla situazione giudiziaria degli esposti Soi per abuso di professione, in particolare sul recente caso di archiviazione di un Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale del capoluogo piemontese. Ne riportiamo i passaggi più significativi

La mente corre a un contesto diverso e a un tempo passato: eravamo a Roma, fine settembre 2018, tavola rotonda della Low Vision Academy. Fra gli altri, partecipavano il sottoscritto e il presidente Soi, Matteo Piovella. Pur essendo del tutto fuori luogo in una “accademia” dedicata all’ipovisione, non ricordo per quale motivo si finì col discutere dell’annosa questione derivante dagli esposti presentati da Soi e dal suo presidente in oltre trenta Procure della Repubblica, esposti dai quali sono poi scaturite le indagini dei Carabinieri, di un’agenzia investigativa privata e che sono poi confluiti nel lavoro svolto da svariati Tribunali. In quell’occasione ebbi modo di dire, in vero con qualche difficoltà, un paio di cose. Ricordo molto bene la - per me - positiva polemica di un oculista che pubblicamente lamentò una, diciamo così, disparità di trattamento da parte del moderatore, e qui, pubblicamente ma tardivamente, lo ringrazio.

Il limite tra lecito e illecito

Una delle cose da me dette fu che, alla luce delle prime ispezioni e dei primi pronunciamenti dei Giudici, era ragionevole affermare che il limite fra lecito e illecito non stava nella presenza e/o nell’utilizzo di determinati strumenti (tonometro in primis) quanto piuttosto nella modalità di comunicazione con l’utente. In altri termini: l’illecito penale si sarebbe realizzato esprimendo una diagnosi, altrimenti non vi sarebbe stato. L’altra cosa che dissi fu, inevitabilmente, che i tempi della giustizia sarebbero stati lunghi, molto lunghi, fra indagini preliminari, eventuale rinvio a giudizio e, come ben noto, tre gradi di giudizio da portare a termine. Ritengo d’aver azzeccato perfettamente la previsione. Sia chiaro che ogni procedimento ha storia a sé, ma questo caso, per vari motivi che vedremo, aveva un sapore particolare, e per questo le decisioni dei Giudici erano particolarmente attese.

In assenza di valutazione diagnostica non c’è reato

Nel corso degli ultimi mesi abbiamo assistito a un buon numero di archiviazioni, in svariate città. Questo collega torinese, però, oltre a lavorare nella medesima città dello studio legale che cura gli interessi di Soi, aveva scelto di non chinare mai il capo, nonostante i tempi incerti ma sicuramente lunghi ed estenuanti della giustizia. Fra l’altro, a quanto ci viene riferito, nel decreto di archiviazione si parla di un’ampia attività investigativa, che però nulla toglie al concetto di fondo: in assenza di valutazione diagnostica non c’è reato. Anzi, il collega ha persino correttamente suggerito l’invio al medico di quei soggetti che presentavano valori sospetti. Nessuna diagnosi e invio in caso di sospetto. Questo occorre fare, tenendo conto che è nelle nostre competenze dare informazioni in merito a determinati rischi per la salute oculare. Informazioni, non diagnosi, ripeto. L’archiviazione del procedimento penale è, in questi termini, motivo di soddisfazione e, per noi tutti, senso di giustizia.

Scontro, confronto e prevenzione

Lo scontro di oggi è legato a un possibile ruolo di primo piano dell’ottico optometrista, perché più facilmente raggiungibile interlocutore con il pubblico, anche nel campo della prevenzione; una prassi normale in svariati stati europei dove è del tutto lecito trovare in un centro ottico un retinografo non midriatico abilitato alla telerefertazione da parte di un medico oppure un tonometro a soffio. Una prevenzione del più basso livello, se volete, ma in quanto potenzialmente assai diffusa, di fatto estremamente efficace e in realtà utile agli oftalmologi stessi, se mai volessero fermarsi a riflettere su alcune proposte operative che rifiutano invece aprioristicamente.

Federottica a difesa dei colleghi e di un principio

Quando Federottica afferma di essere pronta a supportare attraverso il proprio ufficio legale i colleghi caduti nelle maglie della legge - è capitato spesso negli ultimi due anni - lo fa pensando a questo decreto di archiviazione e ai concetti di principio in esso contenuti. Lo stesso, identico ragionamento per il quale vorremmo che non i nostri desideri, ma ciò che ha stabilito reiteratamente la Cassazione venisse trasformato in legge dello Stato. Questo significa che ci appoggiamo a quel diritto “attivo e creativo” che è tipico della giurisprudenza, che sarebbe ora fosse rispettata da tutti gli attori di questa disputa, ma significa anche che non accettiamo sconfinamenti oltre questo chiarissimo confine. Chi dovesse palesemente essere scoperto a fare diagnosi, e non parliamo neppure di terapie, sarebbe senza ombra di dubbio fuori dai nostri “territori” e dal nostro interesse alla difesa, perché siamo un’associazione di categoria, non un avvocato d’ufficio.

“I nuovi mostri”

Recentemente, durante un incontro nel Pescarese al quale ero stato invitato, ma impossibilitato ad andare, alla presenza di uno dei miei vicepresidenti è stata mostrata - con mio grande stupore da parte di un oculista che avevo conosciuto e stimato in precedenza - una sorta di summa di tutte le “schifezze” che, con evidente cura, erano state scovate all’interno della nostra categoria nell’atto di scimmiottare senza averne i titoli il lavoro del medico oculista. A prescindere dal fatto che tutti hanno diritto a un giusto processo e non a giudizi “di piazza”, quindi che ogni singolo caso vada analizzato e compreso prima di esprimersi in proposito, diciamo che questi soggetti potrebbero essere proprio quelli che, fuori dai nostri confini, disconosciamo. La vicenda pescarese, perché anche da ciò che è sgradito si impara, mi ha però insegnato una cosa utile: che d’ora in poi avrò nella mia tasca una penna usb con incluso un power point dimostrante tutti gli episodi di “grandezza” della classe medico oculistica incontrati nel mio viaggio. Se vogliamo giocare a “I nuovi mostri”, possiamo divertirci da ambo i lati.

Difendiamo fino in fondo la nostra correttezza

Ovviamente, con Torino, non finisce nulla dell’iter in atto sul territorio nazionale e sicuramente alcuni colleghi saranno rinviati a giudizio quindi giudicati e, se saranno definiti colpevoli di abuso di professione, condannati. Nessuna categoria è immune da chi sbaglia, e se di diciassettemila che siamo cinque, dieci o anche cento fossero in torto, significherebbe che sedicimilanovecento colleghi operano comunque nella legalità. Però accadrà anche che qualcuno, per paura o altro, sceglierà la via semplice del patteggiamento, anche se imputato prima degli inasprimenti di pena previsti dalla legge Lorenzin. Premesso che ciascuno è libero di agire come meglio crede, ritengo però che per la categoria tutta sarebbe grave perdere la possibilità di andare in giudizio e discutere circa la correttezza del proprio operato. Patteggia chi si sente colpevole, a mio avviso, non chi ritiene d’aver agito nel giusto! Non mi dichiarerei mai colpevole, se sapessi di non esserlo!

(red.)

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