Ray-Ban: con Louis Vuitton e Nike è il brand più copiato

Insieme alle borse Louis Vuitton, alle scarpe Nike e agli orologi Rolex gli occhiali Ray-Ban (nella foto, un modello da vista) sono tra le principali vittime della contraffazione, fenomeno in continua crescita, secondo lo studio effettuato dall’Ocse e presentato la scorsa settimana, che analizza quasi mezzo milione di sequestri doganali effettuati in tutto il mondo nel periodo 2011-13. «La merce falsificata rappresenta ormai il 2,5% del commercio mondiale, per una cifra che nel 2013 ha sfiorato i 500 miliardi di dollari - spiega la ricerca - La pirateria colpisce qualsiasi settore, dal lusso all’orologeria, dalla profumeria al segmento automobilistico, fino alla farmaceutica e ai prodotti alimentari». Il settore calzaturiero risulta, secondo l’Ocse, il più imitato.
I brevetti e i marchi statunitensi rappresentano il 20% dei prodotti falsi, seguono quelli italiani con il 15%, i francesi e gli svizzeri con il 12%; per i prodotti giapponesi e tedeschi la contraffazione si attesta all’8%, mentre chiudono la classifica Regno Unito e Lussemburgo. «Parte di questo ricavato va alla criminalità organizzata - spiega l’organizzazione internazionale di studi economici, che conta 34 paesi membri - Fino al 5% delle merci importate nell’Unione europea è falso, per un valore di 85 miliardi di euro: la maggior parte proviene dai paesi emergenti, con la Cina al primo posto come produttore». Quest’ultimo paese genera, infatti, il 63,2% dei falsi, mentre al secondo posto troviamo la Turchia con il 3,3% e al terzo Singapore con l’1,9%. A seguire Thailandia, India, Marocco, Emirati Arabi, Pakistan ed Egitto. «Il pacco postale è il metodo top di spedizione di merci fasulle: rappresenta, infatti, il 62% dei sequestri realizzati tra il 2011 e il 2013, aspetto che riflette la crescente importanza del commercio online a livello internazionale – sottolinea ancora l’organizzazione - Il traffico passa per percorsi complessi, attraverso i principali hub commerciali come Hong Kong e Singapore e zone di libero scambio, come quelle negli Emirati Arabi. Altri punti di transito comprendono paesi con governo debole e con criminalità organizzata diffusa, come l’Afghanistan e la Siria. Il rapporto mostra, però, che le rotte commerciali cambiano notevolmente di anno in anno».
(red.)

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