Silmo e tre uomini in barca

Parigi ha celebrato tre attori dell’occhiale che porterei volentieri tra le isole veneziane per ascoltare i loro dialoghi, ricordi e naturalmente battute. Chi sono? Dante Caretti, Domenico Concato e Nicola Del Din

Alcuni anni fa nel visitare Silmo e opti Monaco avevo riscontrato una sensazione spiacevole. L’occhiale italiano dava segni di essere arretrato oltre un confine di scarsa visibilità e il tema del distretto aveva creato nelle fiere internazionali una presenza anonima e di nessun peso progettuale. Oggi questa sensazione è un ricordo invecchiato. “Les Italiens” ci sono e, indipendentemente dai premi raccolti a Parigi, rappresentano una scuola che darà i suoi frutti per molti anni. Abbiamo tutti calcato i banchi e compreso, quando eravamo ormai grandi, che la passione alle materie ci veniva tramandata non dai libri ma dagli insegnanti che ci aiutavano a tradurli. Ma la competenza degli insegnanti a volte non è sufficiente a far accendere la scintilla. Quello che ci ha aiutato e ci si ricorda di loro è la passione.
Ho la fortuna di conoscere questi “tre uomini in barca” con cui brevemente ho scambiato quelle parole e quei gesti che ti aiutano a capire e ad apprezzare una persona. Che cosa hanno in comune? L’energia. Ogni volta che li incontri sono in grado di caricarti sulle spalle e di portarti dove loro vedono qualcosa. La competenza. Hanno tutti fatto gavetta. Chi con la valigia, chi dietro il banco e chi come terzista. La serietà. Quando gli fai una domanda riflettono sempre prima di rispondere e lo fanno con cognizione di causa perché sanno che le parole restano e non si disperdono. La visione. Sanno dove vogliono arrivare e ci provano, quasi mai da soli ma con qualcuno che rispettano e cui vogliono bene. Infine la generosità. Ti dicono quello che pensano e oggi questa è una moneta rara.
Ritengo che queste siano le qualità principali da cui l’ottica e l’occhialeria italiana non si debbano discostare. Possiamo tornare grandi, gli unici, soprattutto se ci ricordiamo che siamo prima di tutto uomini, in una medesima barca che si dirige in un posto che ci accoglierà bene. Facciamola diventare una vera scuola questo “rinascimento” italiano. Chiediamo ai nostri uomini di raccontare a tanti discepoli capaci la propria storia e di tracciare quelle che ancora debbono venire. E al prossimo Silmo, statuette a parte, potremo entrare al Grand Palais cantando le famose rime di Bartali di Paolo Conte: “E i francesi ci rispettano. Che le balle ancora gli girano…”.  
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