Alzheimer, un paio di occhiali aiuterà la diagnosi?

Uno speciale dispositivo potrebbe essere di supporto nell’individuare precocemente i segni della patologia di cui si calcola siano affette oltre un milione di persone in Italia: dalle prossime settimane sarà utilizzato presso l’ospedale Molinette nell’ambito del progetto internazionale My Aha-My Active and Healthy Ageing, di cui è capofila il Dipartimento di Neuroscienze della Città della Salute e dell’Università di Torino

La diagnosi precoce dell’Alzheimer sfrutterà le più moderne tecnologie, come gli avveniristici occhiali sviluppati dall’azienda giapponese Meme, ma anche degli smartphone e delle speciali bande applicate al materasso per analizzare la qualità del sonno: questi strumenti, come riportato dai media, serviranno per individuare il rischio della malattia e di decadimento cognitivo, psicologico, fisico e sociale su soggetti reclutati in un progetto che ne coinvolgerà 600 in tutto il mondo, 80 dei quali all’ospedale torinese. In particolare, gli occhiali nipponici hanno l’obiettivo di registrare i movimenti del corpo e della testa analizzando il livello di equilibrio del soggetto grazie a un giroscopio e a un accelerometro, mentre ulteriori sensori sulle aste puntano a monitorare i movimenti oculari, che a causa dell’età e della malattia si modificano. 
Sugli smartphone saranno, invece, implementati dei giochi sviluppati appositamente, che il soggetto potrà utilizzare per testare il proprio stato della memoria, dell’orientamento e la capacità di risolvere problemi di diverso livello di complessità. Il telefonino servirà anche a raccogliere i dati di tutta la strumentazione e a inviarli a un sistema capace di rilevare peggioramenti nel tempo. Il 50% dei soggetti coinvolti verranno semplicemente monitorati nel corso del tempo, mentre l’altro 50%, grazie all’uso degli stessi strumenti, sarà invece sottoposto anche a stimolazione motoria, psicologica, cognitiva e sociale: ciò permetterà di stabilire l’utilità delle nuove tecnologie nella diagnosi precoce e nella prevenzione del decadimento nelle persone anziane.
(red.)

 

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