Ha un soffio di vista Im Dong Hyun e vive tra forme vaghe e poco definite: per la legge coreana è legalmente cieco, per quella olimpica è un Robin Hood da favola. Eppure l’handicap visivo non gli ha impedito di coronare i suoi sogni d’atleta nella disciplina del tiro con l’arco, iniziati quando aveva solo dieci anni. Im, già oro olimpico a squadre ad Atene 2004 e a Pechino 2008, ha stabilito a Londra, durante le prove preliminari precedenti all’inaugurazione dei Giochi Olimpici, un punteggio di 699 con 72 frecce totali scagliate, superando il precedente primato mondiale che già gli apparteneva. «Ho sempre rifiutato occhiali correttivi e lenti a contatto, perché mi fanno sentire a disagio, non libero. Non importa vedere perfettamente il bersaglio, a me basta sentirlo, annullando ogni ansia ed emozione» ha dichiarato l’arciere ai media. «L’atleta deve aver sviluppato al massimo gli altri sensi, soprattutto l’udito, e potenziato tecniche di rilassamento del corpo che gli permettono di controllare del tutto anche i movimenti più piccoli - aggiunge Rattaro, che insieme a Renzo Velati ha presentato a Mido 2012 una relazione proprio su sport e visione – Non si tratta, tuttavia, di un esempio da seguire: chi ha un deficit visivo, se non lo compensa con lenti a contatto o con un occhiale, non può raggiungere certi risultati in ambito sportivo». L’ottico optometrista genovese ricorda che, oltre a quello dell’arciere sudcoreano, ci sono stati nella storia dello sport casi, tanto isolati quanto eclatanti, di atleti in grado di autocorreggere deficit visivi, peraltro non particolarmente gravi. «Generalmente, tuttavia, oltre alla correzione, è fondamentale un allenamento visivo mirato in funzione del tipo di disciplina sportiva praticata», spiega Rattaro.